Oceania: animazione – educazione, così la “Walt Disney” si supera

Formativo, potrebbe sembrare una parola grossa. Ma vi assicuro che non lo è: parlo di educazione, nel titolo. Ed è proprio così. Oceania (Moana), film in computer grafica del 2016, prodotto dai Walt Disney Animation Studios e diretto da Ron Clements e John Musker,è il 56º Classico Disney, ed è stato distribuito nei cinema statunitensi a partire dal 23 novembre scorso, mentre in Italia uscirà non prima di giovedì 22 dicembre.

Insieme a Zootropolis, ha segnato la settima volta che due classici Disney sono stati distribuiti nello stesso anno. Come faccio ad essere così entusiasta, vi chiederete. Prima di tutto perché il film l’ho visto (anteprima stampa) e poi, soprattutto, perché mi ha trasmesso qualcosa che altri classici Disney non mi avevano fatto sentire, provare, nonostante la generale bellezza che permea le opere del più antico studio di animazione ancora in attività.

Rispetto. Questo è il primo elemento che ho riscontrato. Rispetto e cura delle tradizioni, con un occhio, però, sempre proteso verso il nuovo, lì dove c’è qualcosa da scoprire, che non fa paura, ma incuriosisce. Non un immobilismo, quindi, quello di cui è fatta Vaiana.

Non della stessa pasta è fatto il villaggio,invece, dove regnano credenze negative circa l’impossibilità di spingersi al di là di un confine ben scandito dagli abitanti, nati come navigatori, esperti di vela, ma tristemente rinchiusi nella propria isola: dove di lì a poco non sarebbe rimasta che cenere.

Già, cenere. Il nulla. E’ qui che subentra il coraggio, altro elemento chiave. Lo stesso che la protagonista, con un pizzico di follia (ma sicuramente anche per  vocazione propria) – e qualche “strano” consiglio – fa prevalere, decidendo di rendere la sua più grande paura, la stessa dei propri “concittadini” (che la amano e la venerano), il suo punto di forza, trasformandolo, di conseguenza, in perseveranza, determinazione, ed anche una spolverata di orgoglio.

Visto il target medio di fruizione di un prodotto simile, credo che la tematica della perseveranza, del non mollare di fronte anche alle proprie paure, ma anzi, a continuare fra mille difficoltà e burrasche, sia di grande, che dico, grandissimo valore educativo e formativo. Capirete quindi che non ho esagerato in fase di scelta del titolo e dell’incipit.

Ma non è tutto, c’è stato un ulteriore elemento, forse più nascosto, che trapelava dal modo di comportarsi di Vaiana, e che mi ha colpito: avere coraggio nel cambiare paradigma, cultura, parametri, con cui valutare, vedere, decidere.

Mi spiego. La protagonista è riuscita ad indagare se stessa in maniera capillare, e non c’è voluto certo un giorno (nonostante una evidente propensione, che nel film sembra più “illuminazione”); ma il messaggio che vuole trasmettere è forte, forse non diretto, ma sicuramente deciso: far diventare le proprie debolezze, le indecisioni, i disagi, anche le paure, perché no, validi utensili per arare la strada verso la serenità, la consapevolezza di sé, di ciò che ci è attorno e di quale possa, debba essere il nostro percorso. In che direzione sia meglio che vada. Ma meglio per chi? Se Vaiana avesse seguito i consigli della tribù – o più semplicemente dei propri genitori -, infatti, forse non avrebbe mai visto davvero visto quella luce, quella missione che le era stata affidata e che, se non condotta, avrebbe portato a gravissimi risultati per tutta l’isola. Qualcosa di disastroso, che poi scoprirete.

Ma lei l’ha fatto, si è fidata di se stessa, e della nonnina, simbolo di quella irriverenza che questo film ci insegna non essere mai sconveniente nella vita di ognuno. Per prendere le cose con la giusta leggerezza, ma mai con superficialità. Da vedere.

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