LA LA LAND – La recensione (senza spoiler)

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” Here’s to the ones who dream,

Foolish as they may seem.

Here’s to the hearts that ache.

Here’s to the mess we make…”

Possiamo rivivere le stesse emozioni così pure e genuine ce ci scatenavano i vecchi film di una volta? È possibile attualizzare al giorno d’oggi un modo di fare cinema dedicato principalmente ai nostalgici, e che i giovani non apprezzano? A darci una risposta arriva Damien Chazelle con La La Land, che già dopo 5 minuti e una mirabolante sequenza di apertura cantata e danzata tra le vetture in coda nel caotico traffico di Lost Angeles, spazza via ogni dubbio: sì, è possibile.

Emma Stone è Mia, aspirante attrice e drammaturga che guarda il luccicante mondo di Hollywood da dietro le quinte, servendo i caffè al bar degli Studios della Warner Bros e districandosi tra una serie estenuante di provini dove il mondo dello spettacolo sembra chiuderle in faccia una porta dopo l’altra. Ryan Gosling è invece Sebastian, un pianista con il sogno di salvare il jazz e di aprire il suo locale, che si ritrova anche lui con un lavoro che lo sminuisce, costringendolo a strimpellare jingle da piano bar pur di sbarcare il lunario.

I loro sogni sono classici, come lo è anche il genere di questa pellicola: il musical, volto di una filmografia che non esiste più. Chazelle però riesce ad essere allo stesso tempo classico e moderno, scrivendo una lettera d’amore al passato luminoso di Hollywood ma attualizzando questo genere con una fotografia dai colori brillanti, lunghi piani sequenza, movimenti di macchina elaborati e musiche magnificamente integrate e trascinanti, mettendo in scena una storia ambientata ai giorni nostri che si basa su sentimenti semplici ma non per questo poco potenti.

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La nostalgia che si ritrova in La La Land, insomma, è soprattutto quella di un romanticismo ormai dimenticato, che riesce a ricreare le sensazioni di una purezza d’altri tempi: Emma Stone e Ryan Gosling in questo, con i loro balletti a tratti teneramente goffi, si riconfermano per la terza volta (dopo Crazy, Stupid, Love e Gangster Squad) una coppia su schermo credibile e dalla potente alchimia. Nell’arco di quattro stagioni i due si incrociano, si innamorano e cercano di conciliare l’amore per l’altro con i propri obiettivi di realizzazione, e in questo Chazelle è estremamente oggettivo, come d’altronde ci aveva già insegnato nel suo Whiplash, altra pellicola che celebrava il connubio tra musica e settima arte. I sogni infatti hanno un prezzo, e a volte richiedono di compiere delle scelte: vuoi perseguire i tuoi sogni? Devi mettere in secondo piano l’amore. Vuoi invece vivere il grande amore? Allora devi cercare un compromesso con le tue aspirazioni personali.

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La La Land non è, quindi, solo un tributo agli anni d’oro del cinema che fu, dalla Gioventù Bruciata a Cantando sotto la pioggia fino all’immagine-icona di Marilyn Monroe, non è solo un’ode alla Città degli Angeli, che viene descritta per quel che è, ovvero un luogo in bilico tra magia e assurdità, tra contemplazione e frenesia: è invece soprattutto un enorme omaggio ai sogni delle persone, e ai sacrifici che si è disposti a fare pur di perseguirli.

Dopo il successo di critica e di pubblico di questa ultima fatica possiamo dire ufficialmente che almeno Damien Chazelle, a realizzare il suo sogno, ce l’ha fatta: a 31 anni, dopo innumerevoli candidature e altrettanti premi vinti, è entrato nell’Olimpo dei nuovi registi prodigio di Hollywood, e quello che vuole fare con questa pellicola è urlare a tutti che anche loro possono riuscire in quello in cui credono.

“Here’s to the ones who dream” canterà Mia ad un certo punto del film, e ce lo dice anche un regista giovanissimo che parla soprattutto ai suoi coetanei: i sogni sono lì alla nostra portata, bisogna solo crederci di più, e allungare un altro po’ la mano.

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