Dalla resistenza, al viaggio: c’è un’azione diversa che distacca il precedente cantante con la nuova artista che prendiamo in considerazione. Ci farà viaggiare idealmente in parecchie zone del mondo, senza mai dimenticare la forza della Madre Patria. Per cui si parte (testualmente)!
Si può avere mille nature in una persona sola? Marianne Mirage ci dice di sì. Infatti l’artista nata a Cesena racchiude mille sfaccettature che la rendono poliedrica e imparagonabile. Tra lo studio di recitazione (diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano) e lo yoga nel tempo libero, Marianne ha cantato ovunque, curandosi da sola l’artwork del disco e i visual dei suoi concerti.
In pratica una self-made che è partita con la chitarra e ha conquistato parecchi palcoscenici, da Berlino a Parigi sino a giungere nell’Estremo Oriente. Un globo visto in lungo e largo, alla ricerca di nuove esperienze da inglobare nel suo ‘zainetto’. L’impostazione musicale però rimane la stessa: atmosfere black e soul, adatte anche per il jazz internazionale. Un genere così interessante che ha ingolosito parecchi artisti a tal punto da invitarla nei loro opening act. Parliamo di mostri sacri come Zucchero e Patty Pravo e di rivelazioni straniere come Kiesza e Benjamin Clementine, che hanno favorito la sua voglia di viaggiare.
Chi ci ha visto lungo da dietro le quinte, è stata la Sugar che la ingaggiò nel 2014 e gli ha dato la possibilità di produrre il primo album proprio lo scorso anno con il titolo ‘Quelli come me’. Un progetto discografico che invita gli altri nel suo mondo: basta solamente rispecchiarcisi. Ed ora, l’elogio alla musica, ‘Le canzoni fanno male’, singolo e nome dell’album che esamina la rilevanza di questo ambito, reiettato invece a mero strumento di sottofondo nella vita. Troverà nuovi seguaci nell’Ariston? Questo non si sa’, ma proverà lo stesso ad ipnotizzarli con una performance curata nei minimi dettagli.
Cos’altro c’è da sapere? Basta leggere la nostra chiaccherata:
Quanto ti sei rivista nel brano scritto da Bianconi e Kaballà?
“Mi ci sono rivista in tutto ciò che è stato detto e ho pensato che fosse quella giusta per Sanremo”.
Com’è nata l’idea di parlare delle ‘canzoni’?
“Per far ricordare la forza della musica e la potenza di alcune canzoni che abbiamo ascoltato nei momenti più salienti della nostra vita. A volte, infatti, ci concentriamo sulle storie, ma non sull’importanza di essa…”
Dove lo inseriresti in termini generali?
“In quello che traspare in tutto l’EP in uscita: nel genere soul che ricorda le sonorità della musica black con una struttura semplice ed intuitiva pop, come si nota sul ritornello. Inoltre le ritmiche sono incalzanti grazie all’uso di trombe e bassi, perché mi piace avere cura di ogni canzone. Non riuscirei a pensarmi senza grew…”
Beh ne sei stata influenzata da quando sei piccola, quando hai iniziato a calcare palchi prestigiosi in tutto il mondo . Che differenza hai notato tra questi posti all’estero e l’Italia?
“Ogni posto ha qualcosa di bello e qualcosa di brutto, come succede ogni volta che viaggi. Il pubblico più attento è stato chiaramente quello di Tokio, mentre quello che mi ha stupito è quello di Berlino: dovetti fare un concerto più breve perché i tedeschi stanno in silenzio tutto il tempo per ascoltare, dando tutto loro stessi durante la performance . Noi, invece, siamo meno ‘attenti’ all’ascolto, ma non vuol dire che non ci piace…Forse è perché, essendo più latini, siamo più calorosi! Comunque non ci sono parecchie differenze, anche perché, passata la crisi dei generi con l’avvento dei Talent rispetto alle proposte delle majors , è rinato un mercato florido nella musica italiana e le stiamo colmando”.
Oltre alla musica, ti sei dedicata alla recitazione e ad altre passioni. Come riesci a conciliare tutti questi mondi?
“Questi mondi, fortunatamente, sono tutti uniti. Anche la stessa recitazione ti aiuta a capire come gestire fisicamente l’energia, che è fondamentale anche per stare sul palco. Penso che se la voce è un muscolo, tutto il corpo deve muoversi in quella direzione…”
Cosa rappresenta per te questo Festival, essendo la tua prima volta?
“E’ un punto fondamentale della mia carriera e lo vivo con estrema fiducia nelle mie capacità e nella canzone. Voglio dare quello che sono su quel palco, dato che il palco è la cosa più importante per me”.
La vittoria, invece, cosa simboleggerebbe?
“Come ogni volta, si vorrebbe vincere ma io non sento parecchio la competizione: faccio il mio e lo faccio al meglio. Se vinco, vuol dire che sono piaciuta al pubblico ed è la cosa che piace di più a tutti!”
Sul nuovo EP ‘Le canzoni fanno male’: cosa ci dovrebbe spingere ad acquistarlo?
“Perchè parla di un modo di vivere l’amore e di essere donna. Purtroppo si pensa che le donne siano la parte debole dell’amore, ma, siccome io vivo le storie da protagonista, è importante che le donne la vivano allo stesso modo. C’è, in pratica, una voglia di dimostrare in musica il femminismo, con originalità”.