LEGION: episodio 01×02 – La recensione

La seconda puntata di Legion ci porta direttamente dentro la mente del disturbato mutante, dove si comincia a diramare la nebbia che circonda il suo passato

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Dopo un eccellente primo episodio, Legion continua il suo folle viaggio nella mente di David Haller, mutante la cui potenza smisurata corrisponde ad un’altrettanto acuta instabilità mentale. Se c’era qualche dubbio che l’impianto narrativo “psicologico” della prima puntata si rivelasse essere un esperimento singolo, prendendo poi una piega più canonica con il proseguire della serie, questa seconda puntata spazza via ogni dubbio e riesce a conferire a Legion un’identità ben definita: va detto però che il marchio stilistico distintivo e riconoscibile che troviamo in questa serie televisiva è dovuto anche alla sua noncuranza rispetto al materiale originale, esempio lampante di come il non sentirsi vincolati da gabbie imposte nel rispetto della continuity di questi ormai diffusissimi Multiversi non sia sempre un male.

L’episodio si apre esattamente dove quello precedente si era concluso. Troviamo infatti David proprio dove lo avevamo lasciato, ovvero intento a dirigersi verso la misteriosa oasi di Summerland, dove i mutanti possono vivere al sicuro e allenare i propri poteri; va fatto notare come ai lettori di fumetti il personaggio di Melanie Bird (interpretato da Jean Smart), che sembra essere a capo dell’istituto, riporterà inevitabilmente alla mente il Charles Xavier della Scuola per Giovani Dotati delle testate Marvel ( che tra l’altro è proprio il padre biologico di David nei cicli fumettistici).

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David inizierà qui l’addestramento per capire e controllare i suoi poteri, con il contributo fondamentale di Ptonomy (Jeremie Harris), che ha il potere di leggere la memoria altrui. Se nel primo episodio ci trovavamo ad osservare la mente di David dal di fuori, grazie a questo espediente nel secondo episodio veniamo invece catapultati direttamente dentro la mente dell’instabile mutante: torniamo indietro nel tempo per visitare i ricordi di David e, partendo da un atmosfera serena, assistiamo ad esempio agli incontri con il suo vecchio psichiatra (dove le scene riescono a creare un forte senso di disagio grazie alla scelta di accelerare lievemente il girato), culminando infine con un’inquietante scena dove vediamo il piccolo David nella sua cameretta, mentre suo padre (celato nell’ombra) gli legge il libro The Angriest Boy in the World, storia di un bambino che assassina brutalmente sua madre.

I vari flash creano un vero quadro impressionista di immagini: la manipolazione dei ricordi e della mente corrisponde ad un consequenziale cambio del taglio dell’immagine e dell’inquadratura, e allo stesso modo della prima puntata anche qui non è chiara la sequenza temporale degli eventi. Nonostante la trama vera e propria non prosegua quasi per niente, riusciamo però a scoprire diverse cose del fumoso passato del nostro antieroe, intuendo ad esempio che le apparizioni del misterioso Demone dagli Occhi Gialli siano cominciate proprio a partire dalle avventure a base di droga con Lenny Busker (Aubrey Plaza).

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Chapter 2 è chiaramente una puntata transitoria ma, come si nota da questa breve sintesi, ancora una volta la scelta narrativa messa in atto da Noah Hawley dimostra come la struttura scelta per raccontare una storia si riveli essere spesso più solida ed efficace della storia stessa: il racconto frammentato in visioni e suggestioni funziona proprio perché è uno specchio della mente confusa di David, dove lo spettatore si ritrova intrigato e invogliato a scoprire ogni volta un tassello in più. Per adesso, infatti, è proprio questa la cosa che maggiormente colpisce e convince di Legion: in un mondo cinematografico dove ormai gli “spiegoni” la fanno da padrone, con l’intento di arrivare anche agli spettatori più duri d’orecchi, qui per una rara volta è invece l’osservatore che deve fare i conti con i propri dubbi, ragionando per cercare di comprendere appieno la storia.

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