John Belushi, l’icona dall’apparenza glitterata e la realtà tormentata

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“Non è tutto oro quel che luccica”:
 un detto e un modus vivendi di moltissime star dello spettacolo, che siano di oggi o di ieri. In particolar modo si adatta a John Belushi, l’icona degli anni ’70 che ci lasciò ben 35 anni fa, il 5 Marzo 1982. Un personaggio, ancor prima che una persona, che ha saputo fare dell’ironia la veste della sua (breve) vita. Modellabile fino a 60 varianti, questo abito comico ha caratterizzato John e l’ha portato all’apice della sua carriera, prima di conoscere l’orlo del baratro.

Infatti John Belushi ha coltivato nel cassetto sin dai primi passi la passione per la batteria, il football ed il teatro. Tra i 3 litiganti, solamente quest’ultimo è riuscito a diventare reale, in una maniera tanto repentina, quanto inaspettata. Dagli esordi nel teatro ‘Shawnee’ aperto d’estate, sino alla creazione del trio ‘West Compass Players’ con i due amici Tino Insana e Steve Beshekas: un percorso studiato che ha amplificato gradualmente il tempo da dedicare alla sua passione per la satira. Grazie a quegli spettacoli adolescenziali, che univano musica e commedia, riuscì ad esaudire il suo ‘american dream’ e a farsi ingaggiare da grandi realtà come ‘The Second City’, sempre insieme alla sua amata Judy Jacklin. Ma la vera opportunità di successo arrivò con lo spettacolo ideato da Tony HendraNational Lampoon’s Lemmings’ del 1973, grazie alla perfetta imitazione di Joe Cocker, che lo lanciò nel mainstream e nell’oscuro mondo delle rockstar.

Da quel momento i successi catodici e cinematografici hanno fatto da contraltare alla sua vita sfrenata tra droghe e alcol. Dietro ai personaggi realizzati nel programma cult “Saturday Night Live”, c’era un John turbato e impaurito da questa vita ‘glitterata’. E così fu più facile rifugiarsi nel ‘tunnel’, anziché immergersi tra le stelle del firmamento americano. Da esso non ne uscì più, a causa di uno speedball (miscela tra cocaina ed eroina) con l’amica Cathy Smith allo Chateau Marmont di Hollywood nella notte tra il 4 e il 5 Marzo 1982.

Questi ‘strumenti del male’ cancellarono il suo futuro roseo che prevedeva altri show, altre pellicole (Ghostbuster – Acchiappafantasmi in primis) e annebbiarono parzialmente il passato scintillante che lo portarono ad essere un’icona degli anni ’70, soprattutto con i Blues Brothers insieme a Dan Aykroyd che divenne pellicola nel 1980 e il film anarchico ‘Animal House’ del 1978.

Oggi, a distanza di 35 anni, ci ritroviamo di fronte ad una duplice scelta: vedersi il documentario sulla morte realizzato dalla Reelz in questi giorni  (Autopsy: The Last Hours of John Belushi) oppure recuperare qualche opera di successo (che sia un film o un’imitazione al SNL) ?  Aldilà della risposta, l’importante sarà commemorare questo artista poliedrico che ha cambiato il concetto di parodia essendo stato ‘in missione per Dio’

“Vivi veloce, muori giovane e lascia dietro di te un cadavere gradevole”

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