La recensione di ‘Nel caos di stanze stupefacenti’ di Levante


levante.jpg GENERE:
Cantautorato, Pop 
DATA DI USCITA:
7 Aprile 2017
LABEL: Metatron, Carosello Records
ARTISTA: Levante
TITOLO: Nel Caos di stanze stupefacenti
TRACCE: 12
VOTO:  4/5

Un ritorno inaspettatamente fuori dagli schemi: la giovane cantautrice siciliana sbaraglia senza preavviso la scena mainstream italiana con un album introspettivo e al contempo collettivo. Già dalla copertina, oggetto di discussione quantomai forte nelle ultime settimane, si percepisce un cambio radicale per Levante che abbandona i panni innocenti della ‘giovinezza artistica’ per interfacciarsi con una platea più ampia (anche se con i dovuti rischi di critiche). Ma questa sfrontatezza non è solo visiva, anzi va a coincidere con i gusti del pubblico grazie a suoni tendenti al pop, senza mai slegarsi dall’importanza del testo.

Discorso più che scontato se si fa riferimento all’ausilio di Dario Faini nella composizione, abile a dare quel tocco di classe per amalgare i temi più intimi dell’artista. Ecco così che si parte con il nominale ‘Caos’, una ballad al pianoforte che ci delinea in un breve istante la poetica di questo album, fatto di molteplici temi senza connessioni pressoché logiche. Infatti nei continui sbalzi ritmici, tra canzoni perlopiù lente e altre più veloci, fioccano i rapporti dell’artista con l’amore (‘Io ti maledico’) a metà tra la nostalgia del passato e la speranza per il futuro, la religione (‘Gesù Cristo sono io’) e i social (‘Non me ne frega niente’) . In particolare la dicotomia sentimentale è evidenziata in ‘Sentivo le ali’, un brano quantomai sibillino che mette in mostra sul piano temporale i ragionamenti mentali guardandosi ad uno specchio. Lo stesso che viene richiamato ne ‘Le mie mille me’, viaggio musicale nel labirinto mentale della cantautrice, tra il desiderio di fuga e l’intrappolamento. In particolare quella bramosia di rimanere chiusi in una stanza ‘stupefacente’ nella dimensione amorosa emerge in ‘Di tua bontà’ e  ‘Pezzo di me’, l’unico duetto del disco insieme all’amico Max Gazzè, pronto sicuramente ad entrare nelle nostre radio e ad assumere una valenza routinaria come quella quotidiana enunciata nel pezzo. Scansione in giorni della settimana  che si trasforma in stagioni nel pezzo ‘1996 La stagione del rumore’, dove c’è quella speranza riposta nell’inverno successiva alle distanze intraprese nelle altre tre.

In questo percorso mentale non c’è una traiettoria ben disegnata né un vero e proprio finale, se non fosse stato annunciato dall’artista nella presentazione del disco, che lo ha ancorato ad una fase della sua vita. Quindi è inutile stare a parlare di concept album: questo disco tratteggia la strada per un pop che s’imbeve di temi originali e finalmente raccoglie i meritati frutti.

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