Amate struggervi tra le note di melodie strappalacrime, che butterebbero chiunque altro giù di morale? Potreste vantare allora particolari doti empatiche.
Su quest’ultima reazione si sono concentrati alcuni scienziati inglesi e finlandesi, che hanno chiesto a 102 volontari di ascoltare un brano musicale considerato “triste”, privato delle parole per evitare interferenze emotive. I partecipanti hanno anche dovuto compilare questionari sul loro umore, sulla propensione alla nostalgia, sullo stato di salute e sulla qualità della vita; e hanno svolto un test per misurare l’empatia.
UN PASSO IN PIÙ. Alcuni volontari si sono detti nervosi o ansiosi dopo l’ascolto; altri hanno riportato un senso di commozione, una sorta di piacevole tristezza. Le persone di questo secondo gruppo sono risultate anche più empatiche, e in particolare capaci di preoccupazione empatica: cioè non solo di provare sulla propria pelle le emozioni altrui, ma anche di prendere le distanze da esse e sviluppare compassione e volontà di aiuto.
DUE TIPI DI RICOMPENSA. Questo tipo di sensibilità – come l’amore per le musiche tristi – potrebbe avere una molla biochimica: la commozione avvertita potrebbe stimolare il rilascio di ormoni del benessere, come ossitocina e prolattina (una reazione simile al sollievo provato dopo un pianto). Oppure potrebbe trattarsi di un puro piacere psicologico che deriva dall’aver sperimentato tutta la gamma di emozioni possibili, anche quelle meno gradite.