Wonder Woman, diretto da Patty Jenkins. Cast: Gal Gadot, Chris Pine, Robin Wright, Connie Nielsen, David Thewlis. Prodotto e distribuito da Warner Bros. Pictures e DC Entertainment. Uscita nelle sale italiane: 1 Giugno.
La pellicola dedicata alla Principessa delle Amazzoni è la storia di una bambina incosciente, che diventa dea tra gli uomini.
Portare per la prima volta al cinema Wonder Woman non era un compito facile. Vuoi per il canone inculcato nel grande pubblico dalla celebre serie tv degli anni ’70 con Lynda Carter, vuoi, soprattutto, perché qui stiamo parlando di una vera e propria icona dell’emancipazione femminile e del progressismo: nata nel 1941, lo psicologo William Moulton Marston modellò i tratti da pin-up dell’eroina su una sua assistente con la quale lui e la moglie avevano una relazione aperta. Tanto per dire. In aggiunta poi, per alzare ancora un po’ la pressione, ricordiamo che Wonder Woman arriva dopo le critiche non proprio entusiaste riservate alle prime tre pellicole del DC Extended Universe, affibbiando così alla regista Patty Jenkins, al suo secondo lungometraggio (13 anni dopo Monster), la responsabilità di sfornare una pellicola che potesse finalmente soddisfare appassionati, critica e pubblico.
Ecco, aiutata da un’ambientazione storica ben distante dal macrocosmo DC, il primo pregio di Wonder Woman è quello di non guardare al passato ma voler sin da subito ribadire la scelta di intraprendere una direzione abbastanza diversa, abbandonando i toni eccessivamente seriosi di Batman v Superman in favore di un intrattenimento più puro e, forse, più onesto. Non mancano, infatti, le gag e le battute (e c’è da dire che queste fanno sorridere per davvero), che giocano soprattutto su una doppia condizione di straniamento che si ritrova prima nel pilota Steve Trevor (interpretato da Chris Pine), catapultato nella mistica isola di Themyscira, e poi nella stessa Diana Prince (Gal Gadot), che deve fare i conti con il “mondo esterno” dopo essere cresciuta nascosta e distante da esso.
Essendo questo Wonder Woman prima di tutto una storia d’origini, l’impostazione è quella abbastanza classica della struttura in tre atti: conosciamo prima la luminosa isola delle amazzoni di Themyscira, dove scopriamo con alcuni espedienti la storia e il contesto nel quale siamo immersi, ma tutto cambia quando un pilota britannico precipita dal cielo proprio nelle acque della paradisiaca isola (l’utilità dello scudo protettivo magico è un dubbio che ci pervade), facendo conoscere poi a tutte le Amazzoni l’esistenza di una guerra che sta devastando il mondo. Sarà proprio questa rivelazione a far compiere a Diana la decisione di abbandonare il luogo di nascita per dirigersi verso il mondo esterno, credendo di poter porre fine alle ostilità.
È proprio la dualità tra i personaggi di Gal Gadot e Chris Pine ad essere il perno attorno al quale ruota tutta la pellicola: si gioca su due mondi diversi che si toccano, contrapponendo la luminosa realtà dell’isola mistica delle Amazzoni ai colori desaturati del fronte di Guerra. Interessante l’interpretazione del concetto della guerra vera e propria per le due parti: vista come un nemico da abbattere per l’eroina, quanto invece come un’entità con la quale si deve convivere per gli uomini, dalla quale essi sono attratti ma che allo stesso tempo vorrebbero ripudiare. Complice dell’efficacia di questo sottotesto sia l’alchimia dei due attori, che funziona molto bene nonostante il risvolto romantico sia di una banalità sconcertante, quanto soprattutto la scelta dello script di voler evitare un femminismo eccessivo (come era successo ad esempio nel recente remake dei Ghostbusters), rendendo il film estremamente femminile senza tuttavia ridicolizzare le figure maschili.
Fila tutto liscio, quindi? Non proprio: se il primo e il secondo atto del film funzionano abbastanza bene, tutta la parte finale della pellicola ripiomba nella dimostrazione di come ancora una volta sia considerato impossibile sfuggire al cosiddetto canovaccio supereroistico della “boss fight” con il cattivone di turno. Lo scontro finale, oltre a ricordare veramente tanto quello che abbiamo visto, ahimè, in Batman v Superman, arriva veramente a casaccio e in alcuni punti rasenta il ridicolo, complici una CGI videogiocosa, una scelta di casting incomprensibile e alcune frasi dette qua e là nel corso della lotta decisamente risparmiabili.
I difetti di Wonder Woman ci sono quindi, e non sono pochi, ma c’è da dire che per tutta una serie di fattori e per la struttura generale risulta forse più facile perdonarli qui che in altre occasioni, tanto da poter essere considerato sicuramente il film nel complesso più riuscito tra i quattro sfornati dalla DC fino ad ora. Il più grande merito è sicuramente quello di reggersi su un’interprete incredibile, attorno alla quale la pellicola è interamente modellata, dotata di una bellezza e di una grazia straordinarie. Onnipresente in ogni scena, la modella israeliana Gal Gadot riesce ad essere tanto efficace nelle sequenze di combattimento quanto magnetica in quelle dove veste i panni civili: spazzati via tutti i dubbi che ancora potevano rimanere sulla sua scelta di casting, per noi adesso lei è diventata veramente l’unica Principessa delle Amazzoni, e forse uno dei principali fattori che ci spinge ad avere ancora fiducia nel prossimo film sulla Justice League.
Ho condiviso, se me lo permetti…altrimenti lo tolgo 😉
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