Le Luci del poeta Brondi illuminano Roma

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Le Luci della Centrale Elettrica hanno illuminato la Capitale. Sì, lo so, un esordio del genere è alquanto banale e scontato, ma nella realtà dei fatti è successo proprio questo.

Si parte per le 21 circa; in apertura c’è Diodato, uno che con la musica e con le parole ci sa fare. Circa tre quarti d’ora di show nei quali il cantautore riesce a fare una summa dei suoi lavori più apprezzati e a presentare un biglietto da visita davvero ben fatto a quelle (poche) persone che ancora non conoscevano la sua musica – degno di nota anche l’omaggio a Fabrizio De André sulle note di “Amore che vieni, amore che vai”.

Dopo una breve pausa per riordinare al meglio il palco del Viteculture Festival inizia la serata di Vasco Brondi. L’artista veneto di nascita, ma orgogliosamente emiliano d’adozione, sale sul palco più carico che mai e dà vita ad uno dei migliori concerti de Le Luci dalla nascita del progetto ad oggi. In un continuo vagare tra brani del passato e brani dell’ultimo album “Terra”, Brondi riesce a coinvolgere il pubblico nello show illuminando – mi scuserete se torno su questo punto – con le sue poesie lo Scalo Ovest dell’Ex Dogana. È un continuo duetto tra il pubblico e i ragazzi sul palco; Da “La Terra, l’Emilia, la Luna” a “Qui”, passando per la celebre “Cara Catastrofe” e il più recente singolo “A forma di fulmine” e ancora “Quando tornerai dall’estero”, “Le ragazze stanno bene”, “Chakra” e poi, citando Andrea Pazienza, il dramma di Shakespeare in provincia “Macbeth nella nebbia”e tanti altri… insomma, i brani per celebrare questa serata e renderla indimenticabile nella mente dei fan ci sono tutti e tra un aneddoto e l’altro – quello sull’eccesso di ansia che si era diffusa a Roma per la nevicata di qualche anno fa, ad esempio, oppure quello sul pianoforte comprato da Alda Merini con i soldi della colletta fatta dai suoi amici per aiutarla – la serata scorre via come un romanzo piacevole da leggere.

“Roma è un corto circuito tra epoche, tra bellezze e bruttezze varie” sottolinea Brondi sul palco ed io non riesco a dargli torto; questa sera però, per nostra fortuna, è toccata alla bellezza far capolino sulla Città Eterna, più che mai caotica e tecnologica, ma sempre incredibilmente Donna, romantica ed innamorata.

E allora in conclusione non posso non tirar fuori dalla mia mente le parole del “Waltz degli scafisti” contenuto nell’ultimo album “Terra” e poi interpretarle così: “(Roma), Senti le poesie, un canto di sirene e di suonerie…”.

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