– FABRIZIO DE ANDRE’ –
- Il soprannome FABER.
Questo appellativo è entrato nella vita di Fabrizio De André come un secondo nome; in pochi sanno che non è soltanto un diminutivo del nome dell’artista genovese, ma fu il nomignolo che gli dette l’amico d’infanzia Paolo Villaggio con riferimento alla sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-Castell. Questa loro grande amicizia ha dato vita anche ad un brano Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers.
- Lo scarso feeling tra De André e le automobili.
Fabrizio aveva una Diane 6 arancione, ma dicono che detestasse stare al volante: guidare gli ricordava un brutto incidente. Per spostarsi preferiva la compagnia di Filippo, il fattore dell’Agnata, Oppure chiamava un taxi. La patente Faber l’aveva presa a Tempio Pausania. Così intorno al ’77 capitava spesso di vederlo entrare dentro un portone di via Tola. «Era la sede di un’autoscuola – ricorda Antonio Abeltino, compagno di De André alle lezioni di guida -. Fabrizio arrivava sempre un po’ in anticipo perché sapeva che il vero appuntamento era all’ingresso accanto, una vineria improvvisata dove ti servono soltanto vernaccia e acquavite buona. Noi fogli rosa ci riunivamo lì. E Fabrizio con noi, a bere e a raccontare storie sino a tarda sera».
- Quando De André finse di aver scritto una canzone non sua…
Metà degli anni ’60, Luigi Tenco e Fabrizio De André sono insieme agli altri amici della “scuola genovese”, quando all’improvviso Tenco, con l’indice rivolto verso Faber, gli domanda: “Senti un po’, sei tu che vai in giro dicendo che hai scritto la mia Quando?” al che De André subito risponde: “Guarda Luigi, ero con una donna alla quale piace Quando. Ho detto che l’ho scritta io e me la sono fatta” e allora Tenco ridendo: “Beh, se le cose stanno così…”. L’amicizia tra Tenco e De André fu così stretta che, quando Luigi si suicidò, Fabrizio gli dedicò la meravigliosa Preghiera in gennaio.
- Il tormentato rapporto di Faber con la religione.
Nonostante molte volte si sia dichiarato non credente, De André espresse spesso una religiosità di tipo panteistico: “Quando parlo di Dio lo faccio perché è una parola comoda, da tutti comprensibile, ma in effetti mi rivolgo al Grande Spirito in cui si ricongiungono tutti i minuscoli frammenti di spiritualità dell’universo.” dichiarò, infatti, Fabrizio in un’intervista. In ogni caso, l’atteggiamento tenuto da De André nei confronti dell’uso politico della religione da parte delle gerarchie ecclesiastiche è spesso sarcastico e fortemente critico, fino all’anticlericalismo. Dopo il rapimento poi, la visione religiosa di De André ebbe una nuova evoluzione, tanto che, a pochi giorni dalla sua liberazione, si espresse in questo modo: “Ho sempre detto che Dio è un’invenzione dell’uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità… Tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza.”.
- Per sempre il “poeta degli ultimi”…
Di Fabrizio De André è indubbia la coerenza artistica con cui egli scelse di sottolineare i tratti nobili e universali degli emarginati, affrancandoli dal ghetto donando loro una dignità. A Genova, in Via del Campo, nel negozio di dischi di Gianni Tassio, ora acquisito dal comune di Genova e divenuto museo, è esposta la chitarra con la quale De André studiò i testi delle canzoni di Crêuza de mä. Lo strumento venne messo all’asta in favore di Emergency dalla famiglia, poco tempo dopo la sua morte, e acquistato dai negozianti del capoluogo ligure, dopo una serrata lotta al rialzo con alcuni facoltosi.