ERNIA

Ernia 2 ph. Jessica De Maio
di Alessio Boccali

Prendo il ’68’ e punto al Centro!

Matteo Professione, in arte Ernia, è un rapper classe ’93 originario di Milano, che sta vivendo una seconda vita musicalmente parlando. Dopo l’esordio, non troppo fortunato, insieme a Ghali nei Troupe D’Elite, è da solista che sta raccogliendo i frutti del suo seminato fatto da testi acuti ed intelligenti: non solo sesso, droga e iPhone insomma…

Ciao Matteo, partiamo subito dal nuovo album. Come lo presenteresti al pubblico?

Ciao! Ti presento “68” esattamente per quello che è: il mio anno appena passato e la mia vita come è cambiata. Il titolo “68” si collega al tuo precedente dop- pio album “Come uccidere un usignolo/67”, è così anche a livello tematico e strumentale oppure è un caso e che cosa stanno a significare questi numeri?

C’è qualcosa in comune nelle liriche e a livello strumentale, ma c’è anche tanto di diverso, tanta roba che prima non avrei fatto. Il titolo “68” viene dal nome dal bus che partendo dalla periferia di Bonola, passando dal mio quartiere porta in Centro: è il mio viaggio, è la mia crescita. Vedremo, però, se riuscirò veramente ad andare in centro o dovrò tornare verso la periferia.

Prima della carriera da solista facevi coppia con Ghali nei Troupe D’Elite, come ricordi quei tempi e ti aspettavi che avreste trovato la vostra strada come solisti?

Alla fine di quell’esperienza pensavo che non avrei più fatto musica, che non ce l’avremmo fatta, tanto che mollai e andai a vivere a Londra.

Oggi sei un artista atipico nel tuo genere; faccio fatica e non ho voglia di inserirti nel calderone del trap italiano proprio per questa tua atipicità: il tuo beat è molto più ricercato e la maggior parte delle volte le tue tematiche sono meno leggere, più impegnate. Non trovi anche tu sia limitante essere definito un trapper (tant’è vero che in “Qt” cantavi di essere un’alternativa ai trapper…)?

In Italia è limitante fare black music in generale: non c’è una cultura di questa; i ragazzini ora ascoltano la trap perchè lo fanno tutti, ma non sanno da dove viene, perchè, come si fa, ecc. All’estero tutto si è sviluppato con un processo durato 30/40 anni.

Qua solo 10 anni fa i rapper erano considerati dei reietti; con l’arrivo dei social e di internet usato così compulsivamente dal nuovo pubblico, poi, sono esplosi, ma senza delle basi, senza una knowledge: per capirci, se faccio una base con del jazz o con del soul sotto, la gente la schifa perchè non la conosce. Invece tra colleghi, nella maggior parte dei casi, ci si complimenta per pezzi più stilistici, più particolari,

cioè tutti quelli che non andranno bene a livello di vendite, perchè una minima di conoscenza noi l’abbiamo costruita.

cover 68 ERNIA

Ti piace molto leggere e sai scrivere molto bene, spesso tanti tuoi colleghi dicono di aver imparato tutto solamente dalla strada, pensi invece che la scuola, la letteratura, la “cultura da biblioteca” ti abbiano insegnato tanto nella vita, al pari della strada, e che poi questo ti sia servito molto anche nella musica (viste le tante citazioni letterarie nei tuoi lavori)?

Di sicuro se non fossi stato per strada non avrei nulla da scrivere bene. Per il resto a me piace tutto quello che riguarda il nostro passato, la storia, ma della letteratura, oltre a qualche citazione, in realtà c’è poco di applicabile alla musica.

Quali sono invece i dischi o gli artisti che ti hanno maggiormente spinto ad intraprende- re la carriera musicale?

Da ragazzino il massimo per me erano i Club Dogo: ancora adesso guardando quegli anni non trovo dei competitors in Italia in grado di reggere il confronto con loro. I Dogo facevano, in chiave italiana, quello che gli americani facevano negli USA. Il primo disco che comprai fu “Penna capitale”, e poi via con tutta la discografica, ricordo ancora esattamente tutti gli anni di uscita dei progetti come gruppo, dei mixtape e dei dischi da singoli quando si sono divisi.

In conclusione, pensi che il tuo possa essere un modo di fare musica esportabile anche all’estero?

Non credo in realtà, spesso non è canticchiato, ma rappato vero, dico troppe parole…

 

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