LUIGI “GRECHI” DE GREGORI

LUIGI-GRECHI-About
di Alessio Boccali

Luigi “Grechi” De Gregori è un simbolo della musica folk italiana, cresciuto, come suo fratello Francesco, a pane e musica tra le mura del Folkstudio, luogo di formazione di tutta la cosiddetta scuola romana dei cantautori, ha portato la sua musica ovunque nel mondo ed ora è tornato con un nuovo progetto: “Una canzone al mese…”
Salve Luigi, partiamo dal suo nuovo progetto “Una canzone al mese”, com’è nata quest’idea?

Innanzitutto, era ora che tornassi. Dovevo farlo con un cd, ma oramai sembra che i cd non servano quasi più a nulla, le nuove macchine addirittura non hanno nemmeno il lettore. Quindi ho deciso di far uscire i miei dodici pezzi in digitale, uno al mese, e poi, se ci sarà una grande richiesta, li raccoglierò in un supporto fisico. Ho deciso di rompere il ghiaccio il 21 giugno con un pezzo già noto al pubblico, la “Dublino” scritta da mio fratello Francesco, e poi il mese successivo è uscito il primo vero inedito: “Tangos e Mangos”, una canzone leggera e divertente.

A proposito di “Tangos e Mangos”, è una novità per lei, che non è mai stato schiavo delle classifiche, questa leggerezza tematica…

Sì, questo è un pezzo che facevo nelle serate di bisboccia tra amici. L’ho sempre lasciata al privato, ora però ho pensato che era il momento di farla conoscere a tutti anche correndo il rischio di esser preso per scemo (ride, n.d.r.). Il prossimo pezzo che uscirà sarà più simile al mio stile storico.

Lei ha viaggiato tantissimo e nella sua musica c’è tanto del suo essere giramondo…

Il viaggio è il tema più antico di tutta la letteratura, non si può raccontare nulla senza il viaggio. Nuove esperienze e canzoni si sono alimentati a vicenda; non ho mai viaggiato però alla ricerca di nuove realtà musicali ed oggi per quello ormai basta internet.

Restiamo proprio sul tema “internet”. Il web oggi può sostituire quello che è stato per lei e per tanti grandi artisti il Folkstudio?

In un certo senso sì, ma ci sono cose che si imparano soltanto a scuola e il Folkstudio, o posti come quello, per noi sono stati anche una scuola. È tutta un’altra cosa poi esibirsi dal vivo rispetto a registrare in studio, camuffare, architettare l’esibizione per poi caricarla sul web.

Tra le tante collaborazioni artistiche della sua carriera, oltre a quella con suo fratello, qual è quella che le è rimasta più nel cuore?

Mi piace ricordare alcune persone sconosciute ai più. Roger Belloni, un chitarrista blues/folk con cui feci subito amicizia a Milano e mi insegnò molto. Un altro carissimo amico è stato Ricky Mantoan, o ancora Peter Rowan. Tutti loro mi hanno insegnato qualcosa ed io devo a loro parte di quello che sono musicalmente e umanamente.

Parlavamo prima della musica live, quale pensa sia la dimensione giusta per godere al meglio delle sue canzoni?

Non riesco ad immaginare tour ed è assai complicato oggi organizzarne; mi piace comunque l’incontro con un pubblico modesto, preferisco i locali da “pochi, ma buoni” dove c’è un vero e proprio dialogo tra pubblico ed artista. Non sto parlando di un pubblico di élite, attenzione, ma semplicemente di persone veramente interessate alla musica, che sono disposte a mettersi a sedere e a godere con calma delle canzoni.

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