Ilaria Magliocchetti Lombi racconta mondi, volti e storie attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica. Ritratti e copertine sono tra i suoi marchi di fabbrica, ma tutto è iniziato sotto i palchi.
di Cristian Barba
Ciao Ilaria. La tua crescita professionale è stata molto legata alla scena indipendente italiana, ambiente nel quale ti sei guadagnata la fiducia per trasformare la passione per la fotografia in un lavoro. Che ricordi conservi degli inizi della tua carriera?
Ricordo tanti concerti, lunghe attese, lotte per essere in prima fila e un’emozione fortissima le prime volte oltre transenna, tra il palco e il pubblico. Ero quasi sempre al Circolo degli Artisti che in quegli anni aveva una programmazione stupenda. Quando da Barcellona sono tornata a vivere a Roma stavano esplodendo tanti artisti con cui poi ho instaurato un legame. Ricordo un concerto nel 2008, Il Sorpasso, organizzato da Rockit, dovevo fotografare per il Mucchio gli Zen Circus, Le luci della centrale elettrica e Dente. Lo ricordo come un evento che ha segnato l’inizio del mio interesse per quella scena.
Da dove parti quando devi dare un’immagine a un progetto discografico? Come nasce la copertina di un album?
Lavorare sulla cover di un disco è sempre diverso, non c’è una regola o un iter. A volte gli artisti mi danno mesi di preavviso, mi passano i provini del disco e il titolo dell’album, e io inizio a immaginare e buttare giù idee da condividere con loro e da far crescere insieme. Altre volte devo riuscire a “vedere” e rendere reale un’idea che già c’è. Diciamo che è quasi sempre un processo creativo in evoluzione e condiviso. E’ la parte più visionaria e anche la più difficile del mio lavoro, ma sicuramente la più gratificante.
L’anno scorso hai vinto l’International Photography Awards per la copertina de “La terza guerra mondiale” degli Zen Circus, coi quali hai un rapporto simbiotico. Una collaborazione del genere ti dà qualcosa di diverso anche a livello professionale?
Per me è un dono. Mi permette di essere libera nel creare e nel proporre idee, nel provare a realizzarle anche senza avere la certezza di riuscirci. A volte si ha paura di rischiare per non sbagliare un lavoro e non deludere quello che alla fine è un cliente. Con gli Zen invece il legame è prima artistico e creativo, e questo ci permette di correre dei rischi. Ci siamo ritrovati a fare insieme cose assurde, loro hanno un vero e libero animo punk.
Sai già quale sarà la tua prossima copertina? C’è qualche artista con cui sogni di lavorare?
No, al momento non ho nuovi lavori discografici in cantiere. Di artisti fuori dall’Italia ce ne sono moltissimi, in Italia sarei felice di lavorare con Carmen Consoli.