MOX

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di Alessio Boccali

Marco Santoro in arte Mox è prima di tutto un cantautore. Inutile gettarlo nel calderone dell’indie-pop italiano perché lui, probabilmente, è un qualcosa a sé.

Ascoltando il suo disco d’esordio ci si dimentica che quest’album è anche un prodotto destinato a un mercato; ci si immerge nella vita dell’artista e se ne esce con la sensazione di averlo conosciuto per davvero.

Ciao Mox, come racconteresti il tuo primo album da solista “Figurati l’amore”?

In realtà c’è poco da spiegare; bisogna per forza ascoltarlo questo disco per capirlo. Sono canzoni scritte col cuore, le più autentiche che ho scritto da dieci anni che faccio musica ad oggi. Mi sono messo in gioco parecchio e grazie a questi brani sono riuscito ad esorcizzare un periodo ben preciso della mia vita. Diciamo che mi sono sfogato: immagina i brani come sassolini da togliere da dentro alle scarpe.

E questo titolo particolare come lo intendi, come fiun gurati l’amore, nel senso di “immaginati l’amore” oppure come un “nulla potrà salvarci, figurati l’amore…”?

Devo dirti che ora che ci penso ci stanno entrambe le chiavi di lettura. Purtroppo, nel mood del disco credo emerga più la tua seconda ipotesi, ma preferisco l’idea romantica che qualcuno possa immaginarsi l’Amore ascoltando i miei brani.

Quali sono gli ascolti che più ti hanno in uenzato nella scrittura di questo disco?

Ho impiegato un anno e mezzo nella stesura di questo album e quindi sono stati tanti gli ascolti che mi hanno influenzato. Chi mi ha influenzato più di tutti sicuramente sono stati i grandi del passato: uno che mi piace citare perché, ahimè, l’ho scoperto troppo tardi è Enzo Carella. Poi non ti nascondo che soprattutto nelle sonorità ho guardato molto all’estero: è evidente l’influenza che ha avuto il britpop sulla mia musica.

Uno dei brani più belli del tuo disco si intitola “Ad Maiora”, a proposito del quale hai dichiarato che inizialmente non avevi nemmeno intenzione di inserirlo nell’album, ma che poi hai iniziato a considerarlo come un promemoria per “smettere di ascoltarti e iniziare a darti retta”, cioè?

So darmi ottimi consigli, ma non riesco quasi mai a seguirli. Ad esempio, nonostante me lo riprometta ogni volta, ancora devo riuscire a smettere di fumare. Per quanto riguarda “Ad Maiora”, comunque, è un pezzo su cui ho lavorato tantissimo; quella che puoi ascoltare ora è più decadente e meno perbenista della prima versione che non convinceva me né i miei collaboratori. Nonostante questo, visto anche il titolo, è il pezzo più ottimista dell’album! (ride, n.d.r.).

 

L’immagine che hai scelto come copertina del tuo disco raffigura una busta di plastica con all’interno una cornice con una tua foto: una critica alla troppa “commercialità” dell’ultima musica italiana?

A dirti la verità non ci avevo pensato, ma quest’idea mi fa impazzire e sono molto d’accordo con la tua osservazione. In realtà l’idea della busta di plastica la collego alla sua doppia utilità: può contenere una cosa appena comprata o una cosa da buttare. Mi piace comunque lasciare sempre una libera interpretazione a tutte le mie scelte.

Qual è la situazione o il luogo ideale per ascoltare “Figurati l’amore”?

Secondo me per apprezzarlo al meglio bisognerebbe ritagliarsi una mezz’oretta di tempo per ascoltare il disco da soli in cuffia. Meglio se sorseggiando del buon whisky e pensando a qualcuno.

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