di Alessio Boccali
Vi raccontiamo la paura e la sua soluzione…
Dalle costole dei Prozac+ e dalle menti di due dei componenti della band di “Acida”, Gian Maria Accusani ed Elisabetta Imelio, nel 2007 ha preso vita il progetto dei Sick Tamburo. Oggi, dopo svariati esperienze in studio e dal vivo, è uscito “Paura e l’amore”, un disco che racconta il malessere e ne propone una valida soluzione. Ne ho parlato con Gian Maria, proprio pochi giorni fa…
Ciao Gian Maria, partiamo parlando di “Paura e l’amore”, il vostro nuovo album. Cosa c’è di diverso rispetto al passato?
Innanzitutto, questo è il disco più eterogeneo che abbiamo fatto. Siamo riusciti a mettere nel nostro percorso più cose del solito: pur tenendo un unico filo conduttore sonoro abbiamo inserito varie sfaccettature del nostro percorso. Per quanto riguarda le liriche, parliamo di disagio, come successo già in passato, ma, forse anche grazie anche al nostro lavoro precedente “Un giorno nuovo”, a questo malessere diamo sempre una soluzione. Da qui il titolo: l’amore è la soluzione al disagio creato dalla paura.
C’è anche una maggiore voglia di normalità? Prendo ad esempio il brano “Mio padre non perdona”…
Assolutamente sì! La normalità è la vera vita. È inutile cercare fantasticherie quando abbiamo a disposizione la normalità, che poi è la realtà. Alla fine, è proprio la normalità ciò che ci rende gli uni diversi dagli altri.
Quindi Andrea – il protagonista di un altro brano del disco – è così speciale perché in realtà è normale?
La storia di Andrea è quella di un ragazzo autistico, che ho conosciuto un po’ di anni fa e che mi aveva colpito molto. Dici bene, anche questa è la normalità; se io sono in un modo o in un altro, perché la natura ha voluto così, è la normalità.
Parlando di suoni c’è sempre stata una grande coerenza da parte vostra…
Siamo rimasti fedeli, più che a un suono preciso, a un’idea ben precisa del fare musica. Credo che, ormai, i Sick Tamburo possano essere riconosciuti per un vero e proprio stile, un modo tutto nostro di costruire musica; di conseguenza, noi facciamo sempre ciò che ci piace guidati dalla nostra cifra stilistica.
Se prima i Prozac+ era una reazione ad una società che non vi piaceva, oggi nei Sick Tamburo come si è tradotto questo sentimento?
Sono passati diversi anni e abbiamo una maturità diversa. Lì si raccontavano delle cose senza prendere delle posizioni decise, adesso abbiamo una consapevolezza delle cose diversa, che ci consente di proporre una nostra soluzione.
E che ne pensi della reazione proposta invece da questi generi come la trap, che stanno prendendo piede in Italia in quest’ultimo periodo? Possono interpretare quella trasgressività che avete rappresentato voi negli anni 2000?
Non sono un fine conoscitore della trap, ma devo dire la verità: forse questo genere, più di tutte le altre cose “nuove”, può essere associato, più che a quello che facevamo noi in quegli anni, a quella deriva alla quale poi ci eravamo ispirati anche noi, ovvero al punk. Nella sua modalità di “uscita”, la trap mi ricorda molto il punk. Parliamo di suoni fuori dagli schemi proprio come lo erano all’epoca i suoni punk.
Nel disco c’è un brano in cui citate Tim Burton e, in effetti, pensando a delle atmosfere cupe, ma dominate da un ritmo incalzante potrebbero esserci delle assonanze tra la vostra musica e il suo cinema…
Beh, l’immaginario sicuramente ci accumuna. Considero Tim Burton un gigante e, quindi ne parlo con estrema umiltà, però, in effetti, è vero quello che dici: lui nel cinema, come noi nella musica, parla sempre di gente un po’ fuori dal coro, di gente che non ha la fortuna di essere felice, inserita in scenari particolari, spesso cupi anch’essi.
La dicotomia tra paura e amore inserita nel titolo dell’album è anche quella che c’è in voi tra quando indossate il passamontagna sul palco e quello che poi c’è dietro, il vostro volto insomma…
Esatto! Il passamontagna è un’immagine emblematica di paura. Tolto il passamontagna noi sappiamo bene quello che c’è dietro: timidezza, delicatezza, amore… Con questo titolo abbiamo trovato il modo perfetto per descriverci.
In chiusura, volevo un parere sulla crisi di Myspace – si parla di una perdita di circa di 50 milioni di brani caricati sul sito –, visto che nel 2007 il progetto Sick Tamburo si è animato proprio da quella piattaforma, e su una possibile ripercussione di questa crisi sugli artisti emergenti…
L’ho letta pochi giorni fa questa cosa. Ai tempi avevamo caricato sul sito delle parti di brani, che poi effettivamente sono andate a finire nel nostro primo lavoro in studio. Per quanto riguarda gli emergenti credo che se tu hai uno spazio a disposizione, tanto di guadagnato, l’importante, però, è che questo spazio venga ricercato da qualcuno. Lo stesso discorso si potrebbe fare anche su YouTube che è in piena salute, se nessuno ti cerca, non serve a nulla. È un mondo talmente in evoluzione, che ogni strategia per farsi conoscere potrebbe essere giusta oggi e sbagliata domani. L’unico suggerimento che mi sento di dare sempre è quello di fare sempre ciò che si ama fare. Niente potrà ripagarti più di questo.