TASH SULTANA

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a cura di Carlo Ferraioli

L’artista polistrumentista che sta cercando il suo posto nel mondo, ma in che modo?

Natasha “Tash” Sultana è una cantautrice e polistrumentista, australiana con origini maltesi. Il prossimo 15 giugno spegnerà ventiquattro candeline poste sulla torta della sua vita: pochi anni, in effetti, ma già sufficienti per sperimentare stili (Rock psichedelico, Rock alternativo, Reggae rock, Lo-fi), collezionare esperienze di vita forti ed avere anche la capacità camaleontica di affrontare il tutto, farlo bene, e andare avanti.

In effetti Tash di cose ne avrebbe da raccontare: a 17 anni aveva sostanzialmente avuto a che fare con tutte le droghe che il mercato australiano passava, eccetto l’eroina. Questo periodo fosco e cupo della sua vita l’ha portata a vivere dei viaggi anche molto lunghi, per via dell’effetto allucinogeno delle sostanze che assumeva. Mesi e mesi di trip trascorsi nella propria mente, ma sempre e comunque con una chitarra fra le mani. Dopo 9 mesi di terapia, infatti, la ragazzina in cui nessuno più credeva ha dimostrato di valere, e come: impara a suonare oltre dieci strumenti, tra cui la chitarra, il basso, la tromba, il flauto, le percussioni, il sassofono e il mandolino. Un’artista che accompagna sempre le proprie composizioni in maniera trasversale mostra e dimostra un orecchio naturale a vibrazioni, energie e ritmi: Sultana è proprio così, perciò Generation ospita fra le pagine di questo numero una poliglotta delle note, della musica (anche di quella elettronica), ma anche dell’esistenza in senso lato.

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Non riuscendo a trovare un lavoro regolare per via dei suoi trascorsi da tossicodipendente, Sultana inizia ad esibirsi come artista di strada a Melbourne per racimolare qualcosa. Fa parte del gruppo Mindpilot come cantante e chitarrista assieme a Patrick O’Brien, Emily Daye e David Herbert. Il gruppo vince molte competizioni tra band, fino allo scioglimento avvenuto nel 2012.

A Rolling Stone, lo scorso settembre, dichiarò infatti di esser stata sempre e solo lei l’autrice della propria storia, fra scelte giuste e sbagliate: queste, del resto, le sono servite a capire che ogni tanto, lungo il percorso dei propri giorni, qualche errore lo si può anche commettere. Alle volte, continua, i mostri del passato tornano a fare breccia nella sua mente, ma è come se questo alimentasse anche la sua forza, quella che le ha dato la capacità, la voglia e la tenacia di scrivere pezzi del calibro di Jungle (prima registrazione domestica, milioni di view su YouTube), Murder to the Mind e dell’EP Notion (dicembre 2016), sei tracce per quaranta minuti di pura immaginazione a colori. Questa sua propensione naturale alle sfaccettature l’ha resa, nel corso dei mesi, una vera e propria funambola musicale, con notevoli elementi vocali fino alla produzione del suo primo album, pubblicato con la Lonely Lands lo scorso 31 agosto: Flow State, letteralmente, “stato di flusso”.

Tutto ciò l’ha portata a condurre un tour internazionale, grossa fama e posizioni in classifica scalate come dolci colline, oltre che a vari premi e riconoscimenti, soprattutto nella terra madre. Non poco, e sicuramente non banale. La risposta alla domanda che ci siamo posti in apertura è quindi una conseguenza di quanto detto: Tash ha fatto del caos e del cambiamento costante le proprie armi, ma più che armi, le proprie certezze in un mondo labile e frastagliato.

 

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