Martina Beltrami: “’Luci Accese’ è un brano decisamente importante per me”

Di Francesco Nuccitelli

Da Amici alle Luci Accese del suo ultimo brano uscito lo scorso 12 giugno. Martina Beltrami è stata tra le protagoniste dell’ultima edizione del talent targato Mediaset, ed è ormai pronta ad aprire le ali e aprirsi al mondo musicale, con il suo nuovo singolo. Dalle notevoli doti vocali, la giovanissima cantante di Rivoli si è raccontata in una bella chiacchierata:

Ciao Martina, come sta andando questo ritorno alla normalità?

Sta andando bene! In passato ho avuto già un periodo nel quale, per altri motivi, mi ero fatta una quarantena autoimposta. Quindi, quando mi sono ritrovata nel lockdown, per me non è stata una novità. In generale, le mie abitudini non sono cambiate tantissimo, però ritornare alla normalità dopo tutto questo brutto periodo fa piacere ed è quasi strano. C’è di buono che sono riuscita a gestire bene il lavoro, anche grazie al piccolo studio che ho a casa.

Cover Luci Accese

 

“Luci accese” è un brano che nasce da una sofferenza, ma qual è l’esigenza di raccontare un pezzo così personale?

Luci Accese” è un brano decisamente importante per me e nasce dall’esigenza di dover far uscire queste emozioni che avevo dentro, nate dalla fine della mia relazione più importante. Sentivo il bisogno di parlare, di raccontare, di sfogare e tirare fuori queste emozioni, anche se mi hanno fatto male. Questo pezzo farà anche da apripista al mio futuro album.

Quindi stai lavorando anche ad un disco, ci puoi dire già qualcosa?

Sì, sto lavorando ad altri brani e verso la fine dell’anno spero di riuscire a completare l’intero album. Sarà un lavoro molto complesso, anche perché ho bene in mente dove voglio indirizzarmi e come mi piacerebbe strutturare i pezzi. Adesso sta a me e al mio produttore (Emiliano Bassi ndr.) rendere al meglio ciò che sta nella mia testa. Non sarà un lavoro semplice (ride ndr.).

Come pensi che l’esperienza di Amici ti abbia formato?

Amici mi ha dato delle competenze che non avevo, poiché essendo autodidatta non avevo le basi di nulla. È stata un’esperienza importante sia a livello musicale che a livello personale e mi ha fatto capire cosa io volessi dalla mia musica. Amici mi ha aiutato moltissimo, anche perché lì ho fatto le mie prime lezioni di canto e mi sono affacciata ad un mondo che il giorno prima era sconosciuto per me.

Qual è il tuo rapporto con i fan?

Io ho un bellissimo rapporto con i fan. Questa quarantena mi ha aiutato ad avere un sacco di tempo da passare insieme a loro, anche se purtroppo, solo telematicamente.  Questo periodo mi ha aiutato a scoprire un sacco di cose del mio pubblico e anche di me stessa. A me fa piacere passare del tempo con loro e non lo vedo come un obbligo o una forzatura. Mi fa veramente piacere ricevere un feedback o un’opinione sul mio lavoro.

Qual è il consiglio che ti senti di dare ai ragazzi che vogliono partecipare ad un talent?

Il consiglio che do a tutti è di rimanere fedeli a se stessi e di non farsi prendere dall’entusiasmo del momento. Perché poi quando il talent finisce ti trovi a fare i conti con un’immagine che non rispecchia la tua persona. L’arma vincete è quella di rimanere sempre se stessi, poi puoi piacere o non piacere, questo fa parte del gioco, però così facendo non sbaglierai mai.

Quanto ti manca l’esibizione live?

Mancare forse è una parole grossa, Amici è stato il mio primo grande banco di prova anche nell’esibizione. Però sento la necessità di incontrare le persone che mi hanno seguito, e di voler cantare con loro i miei brani, ne sento proprio il bisogno. Non vedo l’ora di salire su un palco.

Giovanissima e con le idee chiare, ma c’è un sogno nel cassetto?

Il mio sogno è quello di far arrivare la mia musica a più persone possibili. Questo è da sempre il mio obiettivo. Vorrei che le persone si fermassero ad ascoltare quello che ho da raccontare nelle mie canzoni. Riuscire a farmi capire e a far capire la mia musica.

Martina Beltrami

 

Icastico: “Per me l’alcol è un modo per sopportare la pressione sociale”

Di Francesco Nuccitelli

Il 6 maggio scorso è uscito “Alcolico”, il secondo singolo scritto e cantato dal cantautore e polistrumentista Icastico. Alcolico è anche il secondo capitolo di una trilogia irriverente aperta con  il brano “Cristo”. Il singolo farà parte del primo album dell’artista viterbese, album  ormai prossimo all’uscita. Il brano si presenta come una grande critica alla società di oggi, un manifesto della difficoltà generazionale e l’utilizzo di una soluzione poco ortodossa. L’alcool è infatti il protagonista di questa storia e il mezzo “utile” per combattere l’ansia sociale.

Alcolico_cover b

Ciao Vincenzo, come è andata questa quarantena?

Abbastanza bene, con il web sono riuscito a trovare il modo per andare avanti con la didattica, ma riguardo i live sono saltate le varie date. Questo è un momento molto difficile per tutti quelli che vivono e lavorano nel mondo dello spettacolo. Non sappiamo quando e come potremmo tornare a lavorare. Però ne ho approfittato per ultimare la stesura del disco.

Un nome molto “rappresentativo”, come mai questa scelta con un termine così particolare?

È una parola che mi piace e rappresenta il mio modo di scrivere e di essere nella quotidianità. È un termine che mi ha subito folgorato. È come se lui avesse scelto me e non viceversa. Posso dire che mi descrive alla perfezione!

Alcolico è un brano molto interessante, ma come è nato?

Alcolico” nasce per rispondere alle tante domande lasciate aperte in “Cristo”. Non è una canzone sull’alcolismo, ma nasce dai miei pensieri. Per me l’alcol è un modo per sopportare la pressione sociale, ed è stato anche l’espediente per parlare delle dipendenze in generale. Infatti, ognuno ha una sua dipendenza, che può essere la droga, l’alcool o anche i social. Questo brano è un pretesto per raccontare la diversità rispetto alla quotidianità.

Possiamo dire che in questa canzone racconti di un’emergenza comunicativa oltre che sociale?

Certamente! Nel brano cerco di raccontare anche questa emergenza comunicativa che fa parte della nostra generazione. Io ad esempio cambio, un conto è quando sono Vincenzo, un altro è quando sono Icastico, dove mostro un lato di me che ha bisogno di essere comunicato. Così succede anche con l’alcool, dove mostriamo una parte nascosta di noi (ride ndr.).

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Ph. Ilaria Fochetti

Ti consideri un artista provocatorio?

Assolutamente sì! Mi piace causare reazioni attraverso le mie canzoni. In “Cristo” e in “Alcolico” mi sono divertito molto a provocare. La provocazione è un elemento fondamentale dell’arte ed è utile per stimolare le riflessioni e le reazioni di coloro che ascoltano. Credo che questa sia la funzione primaria dell’arte, anche se l’arte non ha bisogno di uno scopo. Siamo noi umani che dobbiamo sempre cercare un fine o un obiettivo. L’arte è oltre.

Quando potremmo ascoltare il tuo primo album?

Abbiamo scelto le tracce, ma posso dire che per l’uscita dell’album non c’è ancora una data precisa. Al momento stiamo facendo uscire i vari singoli. Ci teniamo che ogni brano abbia un suo perché e una sua ragione d’esistere. A breve uscirà anche il terzo brano che completerà questa trilogia. Posso già dire che sarà un estensione del tema iniziato con “Cristo” e ampliato con “Alcolico”.

Tante sono state le proposte per tutelare il mondo dello spettacolo in un momento difficile come questo; ma tu hai un’idea su come rialzare il settore della musica?

Io non credo di avere una soluzione, ma credo che ci dovremmo convivere e rimboccare le maniche. Questa però potrebbe essere un’occasione per i live club. Insomma, ripartire da una location più intima, bella e romantica, per aiutare il nostro settore, ovviamente in totale sicurezza. Questo aiuto varrebbe anche per quei live club che già prima del coronavirus avevano delle difficoltà.

Valentina Polinori: “Trasparenti? Racchiude vari aspetti come l’onestà, la limpidezza…”

Di Francesco Nuccitelli

Valentina Polinori è un’artista romana di grande talento e dopo alcuni anni di studio e di lavoro è tornata con un nuovo progetto discografico di grande interesse. “Trasparenti” è il titolo del nuovo album, un lavoro personale, intrigante e di grande classe, dove la cantautrice mette in mostra tutto il suo talento, il suo repertorio, la sua delicatezza e delle sonorità più ricercate ed elettroniche rispetto al rock del primo album.

cover Trasparenti

Come stai con l’uscita di questo album?

Sto realizzando solo adesso che l’album e i brani sono disponibili all’ascolto di tutti. Sono molto contenta, stanca e rilassata allo stesso tempo. Inoltre, sto già ricevendo delle belle reazioni dagli addetti ai lavori e non solo…

L’album ha avuto un periodo di gestazione piuttosto lungo, ma come è nato?

Ho iniziato questo progetto con tre brani che avevo scritto a marzo. Poi ho avuto un momento naturale di stop e solo durante l’estate ho ricominciato a scrivere e così sono usciti altri due brani quali: “Lontani” e “Lo spazio“. Solo in seguito sono nati tutti gli altri brani e con l’avvento del nuovo anno abbiamo poi registrato il tutto, così è uscito il primo singolo “Bosco” e successivamente l’album per intero (uscito il 21 febbraio 2020, ndr.).

Come è nato il tema della trasparenza, argomento che poi è presente in tutte le tue canzoni?

In realtà è un concetto che è emerso dai brani stessi ed è anche un termine che poi utilizzo in modo più specifico nel brano “Andiamo fuori”. Questo tema racchiude vari aspetti come l’onestà, la limpidezza, la trasparenza nei rapporti, il mostrarsi in tutti i propri aspetti e anche la difficoltà dell’aprirsi con l’altro.

Si può essere trasparenti nel fare musica?

È difficile ed è molto complesso dare una risposta. Soprattutto perché siamo condizionati da tantissime cose: dagli ascolti, da quello che musicalmente sembra funzionare di più, dai tanti stimoli che abbiamo, dai tanti generi che ascoltiamo e poi anche perché passa tanta musica e spesso non sappiamo quale sia il nostro posto.

C’è stata una qualche influenza sul tuo modo di scrivere o di fare musica?

Per quanto riguarda i testi cerco di rimanere più personale possibile, però ci sono delle cose che mi piacciono di più. Tendenzialmente cerco di creare dei testi semplici, di essere essenziale e di non utilizzare tante parole per un concetto. Per il sound poi mi sono allontanata dal rock del mio primo album.

Tre anni di distanza da “Mobili”, hai aspettato per un nuovo album per un’esigenza fisiologica o perché in un mondo musicale liquido è meglio far ascoltare un singolo?

Probabilmente entrambe le cose… ho cercato la soluzione migliore per far uscire i brani, avevo pensato di pubblicare subito qualche singolo, però sono ancora legata al concetto di disco. L’idea di far uscire un brano così senza un progetto dietro non mi convinceva molto.

Nonostante il periodo particolare, stai pensando con le dovute precauzioni ad un live estivo per presentare il progetto?

Sì, certamente! Ci stiamo muovendo per dei live, ma stiamo monitorando la situazione per organizzare più date possibili e per poter cantare dal vivo le canzoni dell’album. Mi piace tantissimo la dimensione del live e mi fa sentire a mio agio.

ValentinaPolinori1_ph.Davide Fracassi

TRACKLIST – “TRASPARENTI”

01) 16 vasche

02) Bosco

03) Lontani

04) Camilla

05) Andiamo Fuori

06) Niente

07) Lo Spazio

08) Io credo che

09) Fa lo stesso

10) Sembra un fiore

Ganoona: “In questo brano ho cercato di fare qualcosa di inedito”

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Di Francesco Nuccitelli

Artista emergente, di personalità e di gran talento. Ganoona è tra i pochi artisti moderni in grado di unire due generi apparentemente distanti come il cantautorato italiano e la musica latina, in un crossover unico e di grande interesse. Tante le influenze in questo brano: tra il racconto di un’amicizia turbolenta, un’identità divisa tra due culture e il romanzo “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez. Ganoona si è così raccontato dopo l’uscita di “Cent’anni”.

Come nascono i tuoi brani?

Scrivere una canzone è un modo per conoscermi meglio e per capire ciò che mi accade intorno. Poi una volta che il pezzo esce è quasi una liberazione. È terapeutico per me.

Cosa racconti in “Cent’anni”?

Parlo di un’amicizia tossica che ho sperimentato sulla mia pelle e che ho sentito l’esigenza di raccontare. L’ho fatto per leccarmi un po’ le ferite e per riuscire ad andare avanti. In questo brano ho cercato di fare qualcosa di inedito, quello che oggi possiamo definire come urban pop, indie pop ecc.

Il brano è uscito il 31 gennaio, hai già ricevuto un feedback dal tuo pubblico?

Il brano mi sta dando grandi soddisfazioni e la risposta è molto buona. Tante persone mi hanno scritto sui social, si immedesimano nel brano, in quello che racconto e questa è la cosa più bella per me.

Nel brano citi Gabriel Garcia Marquez e il suo romanzo “Cent’anni di solitudine”,  cosa ti ha ispirato di quel romanzo?

Di questo libro mi ha colpito la corrente letteraria alla quale appartiene, quella sorta di  realismo magico che mi ha sempre affascinato tanto. Anche la mia scrittura è legata alla fusione tra realtà e spiritualità. Ciò che mi è rimasto impresso è quella sorta di spaesamento che deriva dall’incomprensione del lettore verso il romanzo. Tra chi è vivo e chi non lo è…

Sei italo-messicano, quanto è importante per la tua musica unire queste due culture?

Il tentativo è proprio quello di creare una “confusione” unendo due tradizioni così differenti. In passato avere contemporaneamente queste due culture mi dava l’impressione di una frattura, come due pezzi dei lego che non si incastravano. La musica è stata un’occasione per creare un ponte tra queste due realtà così diverse.

Dietro al singolo c’è un progetto più ampio?

Devono uscire ancora un paio di singoli (uno probabilmente già nel mese di marzo, ndr.), che successivamente confluiranno in un album, anche se non so se uscirà prima dell’estate o dopo. Sarà qualcosa di più elaborato e completo per far conoscere tutte le mie sfaccettature musicali.

Per l’estate stai preparando un tour?

Sì sto preparando qualcosa. Ho appena fatto due date zero a Milano, per lavorare con tutti i musicisti. Sarà tutto suonato e non ci sarà nulla di registrato. Posso già dire che il 7 agosto sarò ospite “all’IndiePendenza festival” in provincia di Alessandria, che è un evento musicale molto bello e interessante. Invito poi a seguire tutti i miei social per rimanere aggiornati sulle prossime date.

PINGUINI TATTICI NUCLEARI

di Francesco Nuccitelli

Grande rivelazione sul palco dell’Ariston sul quale sono arrivati terzi con la loro “Ringo Starr” nella categoria BIG del Festival di Sanremo 2020, i Pinguini Tattici Nucleari (all’anagrafe Riccardo Zanotti, Nicola Buttafuoco, Lorenzo Pasini, Simone Pagani, Matteo Locati ed Elio Biffi) si sono prestati con grande simpatia alle nostre domande.

Dopo questo Sanremo vi sentite ancora “Ringo Starr” in un mondo di John e Paul?
Non abbiamo mai smesso di esserlo, è vero, abbiamo acquisito molta più visibilità dopo Sanremo, ma restiamo quelli di sempre, Ringo lo siamo stati per molti anni durante la nostra gavetta e anche se la partecipazione a Sanremo ci ha permesso di fare il salto e arrivare al grande pubblico, continuiamo a conservare lo spirito di Ringo Starr.

Com’è suonare sul palco dell’Ariston?
Suonare sul palco dell’Ariston è stata probabilmente una delle esperienze più emozionanti della nostra vita, è stato stimolante ed è stata una sfida con noi stessi in uno dei contesti più complessi con cui un musicista si può rapportare. Abbiamo vissuto una settimana magica piena di cose bellissime e che ci ha caricati al massimo per affrontare al meglio l’instore tour prima ed il tour nei palazzetti poi.

 

Con l’aiuto del WWF e grazie ai Pinguini Tattici Nucleari, da oggi in Antartide ci sono 100 pinguini imperatore che portano i nomi di stelle della musica italiana, e che non sono più in pericolo.

 

Qual è stato il criterio di scelta dei brani per il medley?
Come primo criterio di selezione abbiamo adottato l’ordine cronologico, prendendo le canzoni degli anni 50 e andando poi avanti con i decenni successivi. Abbiamo poi tenuto in considerazione la musicalità dei vari brani e la loro potenza musicale; non tutte le canzoni si riescono ad unire bene con le altre e quindi si doveva trovare qualcosa che avesse una certa potenza musicale, ma che allo stesso tempo avesse delle connessioni armoniche che permettessero alle canzoni di amalgamarsi le une con le altre.

Cosa significava per voi il festival e cosa significherà da oggi in poi?
Era un’esperienza nuova, che avremmo voluto provare. Da oggi in poi sarà una cosa in più che abbiamo fatto, un’esperienza che ci ha permesso di metterci in gioco e provare qualcosa di diverso, strepitoso. Nonostante sia stato molto importante, per noi in fondo è stata però solo una tappa: eravamo già per strada, con il successo di Fuori dall’hype e il tour nei palazzetti in partenza, ma il podio davvero non ce lo aspettavamo.

La vostra canzone di Sanremo?
Della settantesima edizione del Festival ci sono piaciute molto la canzone di Gabbani e quella di Anastasio.

In “Fuori dall’Hype Ringo Starr”, la riedizioni del vostro “Fuori dall’Hype”, ci sono nuovi inediti e nuovi arrangiamenti. Cosa ci potete a proposito?
“Bergamo”, che sembra essere una canzone d’amore per la nostra città natale, è in realtà un brano sulla bellezza, mentre “Ridere” è un pezzo che parla della grande paura generazionale degli gli Under30: la convivenza. Se va male, ci puoi solo ridere su! Ci sono poi gli arrangiamenti di Irene, in acustico con gli archi, e di Cancelleria, registrata live all’RCA Studio.

Neanche il tempo di rifiatare che già ripartirete per il tour. Non riposate mai?
Abbiamo deciso di goderci la vita da John e Paul per un po’, poi vediamo che accadrà.

Manuel Aspidi: “Let out this light? Mi sono sentito onorato, ma con una responsabilità non indifferente”

 Di Francesco Nuccitelli

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Un progetto dal sapore internazionale e che arriva dopo anni di gavetta conditi da diverse partecipazioni televisive attraverso due talent (Amici e The Voice). Manuel Aspidi, nella sua grande umiltà è pronto per il salto di qualità e il suo “Libero (I’m free)” è la dimostrazione di una crescita costante, di una consapevolezza sempre maggiore e con uno sguardo all’estero. Lo abbiamo raggiunto per una piacevole chiacchierata, tra i grandi risultati in termini di views, la collaborazione con i Dire Straits e il tour che partirà a gennaio:

“Let out this light” è il tuo ultimo singolo internazionale. Cosa ci puoi raccontare di questo brano?

Questo brano è stato scritto da Julian Hilton, uno degli autori di Robbie Williams e collaboratore di Trevor Horn. Con Hilton ci siamo conosciuti a Roma, durante una cena dove ero con la mia produzione e dove era presente anche lui. Nel corso della serata ci siamo messi a parlare di musica e del mio percorso artistico, così ho chiesto ad Hilton se, una volta rientrato a Londra mi avrebbe potuto inviare qualcosa da ascoltare. Qualche giorno dopo mi sono arrivati i brani “Un angelo per me”, che ho subito inserito all’interno del disco e poi “Let out this light”. Quest’ultimo è un brano che per anni è rimasto nel cassetto e Julian ha voluto che lo interpretassi per questo progetto. Lì mi sono sentito onorato, ma con una responsabilità non indifferente. Siamo tutti felicissimi per il risultato finale, che fortunatamente sta avendo molto successo anche all’estero.

Invece, del progetto intero che prende il titolo di “Libero (I’m free)” e che vede grandi collaborazioni al suo interno cosa ci puoi dire?

Il disco è stato prodotto dai “Dire Straits” Phil e Alan (Phil Palmer e Alan Clark ndr) che si sono messi al lavoro con tanto amore e rispetto nei miei confronti. Veramente una cosa incredibile. Un lavoro enorme per far sì che il progetto girasse nel modo migliore possibile. L’album è stato scritto praticamente da loro tre (Palmer, Clark e Hilton ndr) e anche da Numa Palmer, la mia direttrice artistica che ha coordinato e realizzato tutto. Anche perché i brani ci arrivavano in lingua e noi non dovevamo solo tradurli, ma in alcuni casi riscriverli del tutto e adattarli alle tematiche scelte. Come è successo per “Un angelo per me” che ho dedicato a mia nonna o proprio del brano “Libero (I’m free)” che apre questo progetto.

Più di due milione di visualizzazioni su Youtube, ottimi risultati anche in streaming su spotify e nelle classifiche americane. Ti aspettavi un risultato del genere?

A distanza di diversi anni (dall’edizione di Amici del 2006) vedere un riscontro così grande, positivo e immenso, mi ha un po’ scombussolato. Questo grande successo all’estero mi ha meravigliato, comunque in Italia ho la mia fan base che mi sostiene da molto tempo. Però devo ammetterlo, il successo all’estero mi ha lasciato interdetto. Mi sento un pesce fuor d’acqua.

Amici del 2006, The Voice del 2016, quanto sono state importanti questi talent per diventare il Manuel Aspidi di oggi?

Amici 2006 è stato il mio trampolino di lancio, quello che mi ha permesso di muovere i veri passi nel mondo della musica e farmi conoscere al grande pubblico. Poi il programma è un’arma da guerra. Ogni cosa che tocca Maria (De Filippi ndr) fa successo. Quell’anno ricordo che fu un successo enorme, il più seguito e andò benissimo. La visibilità è stata tanta e a livello di esposizione siamo stati veramente fortunati. Poi dopo amici c’è stato tutto un percorso che avviene grazie all’esperienza televisiva. Naturalmente arriva poi un momento della tua vita dove devi anche capire cosa fare. Io come ogni artista sono un po’ folle e mi sono detto: “perché non riprovare l’onda d’urto del talent?” Così ho deciso di partecipare a The Voice Of Italy 2016. Quella è stata un’esperienza totalmente diversa da Amici, però è comunque un talent che ti scombussola e ti reindirizza verso un percorso preciso.

Per il tuo timbro vocale e per la tua personalità preferisci cantare in italiano o in inglese?

Io amo cantare in italiano perché sono molto patriottico, amo l’Italia e amo il mio paese, nonostante ci siano delle cose che non condivido per alcuni meccanismi. Però quello che sento più vicino a me è cantare in inglese. Da piccolo ascoltavo Stevie Wonder e cantavo le sue canzoni. Sono cresciuto con la black music. Inoltre, ringrazio tantissimo la mia produzione, perché mi ha lasciato una grande libertà di espressione.

A cosa ti riferisci quando dici che ci sono dei meccanismi che non condividi?

In Italia purtroppo va avanti chi ha più santi. In America le cose funzionano se c’è meritocrazia. Qua anche solo per essere ascoltato devi pregare ogni santo possibile. Laggiù ad esempio hanno parlato di me e della mia voce, non di chi ho dietro. Hanno parlato di chi sono io come artista, di chi sono come cantante, del mio background, della canzone e della mia voce. Qua per andare avanti devi avere qualcuno alle spalle (come ad esempio i “Dire Straits” ndr) da poter far parlare e a quel punto vieni ascoltato. Là invece non funziona così, c’è meritocrazia e se hai talento vai avanti.

Com’è essere libero per Manuel Aspidi?

Sicuramente cantare! In assoluto è la prima cosa, io quando canto sono la persona più felice del mondo. Quando canto mi sento completo a 360 gradi. Uno potrebbe dire che sono frasi fatte ma non è così. Io canto da quando sono piccolo, ho iniziato a capire che amavo cantare all’età di 6 anni con le canzoni della Disney. Quando canto mi sento libero da ogni problema, pregiudizio mentale, vincolo o barriera. Mi sento me stesso. Mi sento libero da quelle esperienze che non sono state molto positive, ma che adesso fanno parte del mio passato. Ora sto con la testa verso il futuro.

MANUEL ASPIDI

A gennaio partirà il tuo prossimo tour e vedrà in Livorno la città di partenza. Cosa ci puoi anticipare di questo tour?

Partirà il 31 gennaio al teatro Goldoni di Livorno. Sarà uno spettacolo dove io canterò tutti i pezzi del mio disco e ripercorrerò anche il mio passato. Canterò anche i brani che hanno fatto la mia storia artistica. Ci saranno molte sorprese che adesso non posso però dire. Non vedo l’ora che sia il 31 gennaio per poter cantare nella mia città natale.

Inoltre, questo tour avrà anche uno scopo benefico. Una raccolta fondi per una giusta causa, di cosa si tratta?

Sì, c’è uno scopo benefico in questo tour, poiché in ogni data farò una raccolta fondi per Jo, una bambina livornese che deve essere operata al pala-institute in Florida, per tornare a camminare. Visto che per queste strutture ci sono dei costi non indifferenti ho pensato che attraverso il mio tour potevo fare qualcosa per aiutarla.

Grandi I numeri in costante aggiornamento per Manuel Aspidi: Global Top 200 Airplay Chart nella DRT, posizione 47 della Top 50 Adult Contemporary Airplay Chart e alla posizione 29 della DRT Global Top 150 Indipendent Airplay Chart. Il video conta oltre 2 MILIONI di visualizzazioni youtube ed è in rotazione su MTV USA e in 750 emittenti mondiali e di recente anche su Music Choise.

SERENA BRANCALE

Serena Brancale 01

Una vita d’artista per raccogliere le esperienze vissute

di Francesco Nuccitelli

Serena Brancale è un’artista a 360° dotata di grande ironia e grande talento. Giovane, eppure già con diverse collaborazioni importanti alle spalle come quelle con il Volo e Mario Biondi. “Vita d’artista” è il suo ultimo progetto all’attivo, ma già molto bolle in pentola.

Ciao Serena, “Vita d’artista” è il tuo ultimo impegno discografico. Cosa ci puoi raccontare di questo progetto?
“Vita d’artista” nasce in realtà tre anni fa. Anche perché ci sono delle canzoni che ho scritto prima di pensare all’album. Nasce dall’esigenza di cogliere le esperienze di vita che ho vissuto. Un progetto diverso dal mio penultimo lavoro “Galleggiare”. Insomma, una vera scommessa.

Vedendo i tuoi social ami molto giocare con i tuoi followers e raccontare i tuoi vari backstage. Quanto pensi siano utili i social per un cantante?
Io trovo fondamentale l’uso dei social. Nei primi anni mi sono divertita a far emergere la mia parte più ironica. Ora li sto utilizzando in maniera più seria. La gente vuole vedere anche il dietro le quinte, è curiosa del comportamento di un artista nel backstage. L’importante è essere sempre naturali, questo è davvero importante.

L’illusione del controllo in ambito musicale può essere un problema per un cantante?
Bisogna essere sicuri di quello che si sta proponendo. Perché poi devi essere anche capace di non offenderti e non indurirti quando le cose non vanno bene. È una domanda molto delicata. Ci sono nei momenti in cui l’artista non riesce a dare 100, ma è normale che arrivi anche questo momento. È una sorta di altalena.

Cosa ne pensi degli artisti che si sono reinventati seguendo la moda o il genere musicale del momento?
Anche questa è una domanda delicata. Io certo seguo la moda, però poi, quando mi metto al pianoforte canto quello che mi viene meglio da raccontare. Io “amo l’amore”, amo il gusto, amo la musica in tutte le sue forme. Non mi creo problemi, penso alla cosa migliore che posso fare e la faccio al 100%.

In conclusione, nel nuovo festival di Sanremo ci sarà il ritorno della categoria nuove proposte. Cosa ne pensi di questa scelta visto che ci sei passata?
Nel mio caso sono stata fortunata perché ho cantato anche se non ho vinto. Però, se devo essere onesta preferivo la formula che ha visto vincere Mahmood. Perché spesso ci troviamo dei cantanti che arrivano e non si sa bene perché stiano lì. Anche se quello che dico è un po’ il contrario di quello che è accaduto a me.