di Alessio Boccali
“Un giorno voleremo per davvero…”
Nasce come membro del duo rap i Fratelli Quintale per poi intraprendere nel 2012 un percorso da solista, che l’ha portato oggi, col suo “Regardez Moi”, ad essere uno dei nomi più interessanti della scena hip hop attuale e non solo. Il suo stile, infatti, non può essere rinchiuso in questo singolo genere, ma nemmeno essere mescolato nel grosso calderone dell’indie. Lui è Frah Quintale, e se non lo avete ascoltato al Primo Maggio di Roma o da qualche altra parte, di sicuro il vostro Spotify o la vostra autoradio vi hanno fatto cantare sui suoi testi.
Ciao Frah, come stai? Senti, ci proviamo a dare una definizione alla tua musica. Tu fai rap, ma scrivi testi molto da cantautore…
Ciao! Non c’è male! Allora, diciamo che io ho una matrice super hip hop; ho fatto parecchi contest di freestyle e amo quel mondo lì. Mi piace comunque definire la mia musica come un ibrido: ha una forte attitudine rap, ma anche un linguaggio e delle tematiche che escono un po’ da quel mondo e incontrano la musica più d’autore.
Andiamo ora sul visivo. L’idea di questo alter ego di cartone che alberga in parecchi dei tuoi video com’è nata? Non è strano poi “mascherarsi” sotto un fantoccio che ha le tue stesse fattezze?
È un’idea nata per caso. Spesso ho disegnato la mia faccia sotto forma di caricatura e prima di iniziare a lavorare al progetto del disco ho pensato che mi sarebbe piaciuto rendere vivo quel disegno e costruirci attorno l’immaginario del disco. Mi piaceva molto l’idea di coprire la mia faccia con la mia stessa faccia in cartone (ride, n.d.r.).
Rimandendo sul visivo, so che disegni molto bene e che un numero limitato di copertine speciali del tuo “Regardez Moi” l’hai illustrate proprio tu…
Esatto, ho disegnato 500 copertine del nuovo album e mi ha divertito molto farlo. La mia formazione è nata proprio dai graffiti e dall’arte di strada perché è stato quello il mio primo approccio con la cultura hip hop; è naturale quindi che nel mio disco ci sia un buon 80% di arte visiva, di street art non solo nell’attitudine dei pezzi e nel mio stile musicale, ma anche nel mio modo di raccontare la mia vita.
Ad un anno dall’uscita di “Cratere”, il primo singolo dell’acclamato disco d’esordio di Frah Quintale, è uscito da poco il vinile di “Regardez Moi” con una grafica interamente curata dallo stesso artista. All’interno del vinile, anche il CD “Lungolinea” (disponibile anche sulle piattaforme di streaming digitale): 24 tracce che hanno segnato il percorso di Frah arricchite da nuovi brani come “64 Bars” con Bassi Maestro, “Missili”, con Giorgio Poi e la produzione di Takagi & Ke- tra, “Sotto Effetto”, “Stupefacente” e “Sassi”.
Titoli di brani presenti nel disco come “Gravità” o “Cratere”, ma anche gran parte della comunicazione che gira intorno alla tua musica sembrano rimandare ad un altro pianeta… ti senti un po’ su un altro mondo o magari vorresti esserlo?
Mi sono sempre appassionato all’immaginario, all’idea di un altro pianeta. Sono un grande osservatore del genere umano e del suo agire nella società e proprio per questo a volte mi sento quasi esterno al mondo reale. Devo dirti che in tante situazioni mi sono sentito proprio un po’ alieno e quindi su questa cosa ci gioco un po’. Mi fa molto piacere che lo hai notato perché a tal proposito avevo anche scritto un pezzo mai uscito che raccontava proprio la sensazione del sentirsi di un altro mondo.
E questa cosa non stride col titolo del disco che in italiano significa “Guardatemi”?
In realtà no, il mio “regardez moi” nasce innanzitutto per omaggiare una scritta disegnata sulla facciata di un palazzo abbandonato a Brescia, che aveva fatto molto discutere. In secondo luogo, quel “guardatemi” è un voler attirare l’attenzione sulla mia musica, un progetto che non ha bisogno di etichette per funzionare.
Sempre da aspirante alieno, come vivi questi riflettori sempre accesi su di te e sul tuo cammino musicale?
Li vivo bene. La musica se ce l’hai dentro e ti senti di farla, la puoi fare con la stessa energia sia per cinque che per cinquemila persone. Naturalmente sono molto contento di essere riuscito a trasformare una passione, che ho dentro da sempre, in un lavoro e di avere la possibilità di girare tanti posti e conoscere tante situazioni nuove grazie alla musica. Tuttavia, resto sempre e comunque con i piedi per terra cercando di fare bella musica e far divertire e questa è un’attitudine che condivido con i ragazzi che sono con me e che credono in questo progetto. Facciamo le cose perché ci piace farle, con molta umiltà e senza atteggiarci a star… siamo dei semplici “presi a bene con la musica”.