JOVANOTTI

JOVANOTTI – OH (CHE)VITA!

di Alessio Boccali
_MKD9978_Crediti Michele Lugaresi

 Jovanotti è una delle colonne portanti della musica italiana nel mondo. È necessario ribadirlo. Nella sua carriera discografica, che compie trent’anni in questo 2018, Lorenzo ha sperimentato e si è divertito da pazzi. Partito come disc jockey, passato al rap e poi terminato al cantautorato, l’artista nato a Roma, ma da sempre legato alla Toscana e alla cittadina di Cortona, ha conquistato le classifiche italiane, e non solo, ogni volta che ha inciso un pezzo.
La sua penna sa scrivere di tutto, dalla serenata all’invettiva, dalla ballad strappalacrime al tormentone nonsense “dancereccio”.

L’inizio del mito
L’avventura di Jovanotti, anzi di Joe Vanotti il vero nome d’arte scelto da Lorenzo che però venne storpiato da un tipografo, inizia alla fine degli anni ’80. Alla fine di questa decade, assai fortunata per la musica straniera e un po’ meno rosea per la musica nostrana, il giovane deejay Cherubini viene notato dal talent scout Claudio Cecchetto; da lì inizia il successo radiotelevisivo, che non viene fermato nemmeno dalla leva obbligatoria, dalla quale Jova fugge metaforicamente a bordo de “La mia moto”, il suo primo grande successo, omaggio alla musica di Vasco Rossi.

Gli anni ’90 e il pensiero positivo…
Gli anni Novanta per Jovanotti rappresentano un’autentica consacrazione. Dopo una falsa partenza dovuta alla naja, la musica di Lorenzo Cherubini torna a spiccare il volo. Non solo, la cifra stilistica dell’artista inizia a cambiare; nei suoi testi iniziano a farsi spazio l’impegno politico e sociale nella consapevolezza che l’artista abbia con il pubblico un canale di comunicazione privilegiato e che questo vada sfruttato.

“Siamo scoperti oramai e le mutande, che ci coprivano un po’, sono cadute. Tutte le vecchie realtà sono finite.Muoviti, muoviti!” da “Muoviti, muoviti” del ’91.

Sulla stessa falsariga dell’impegno sociale nascono pezzi di storia musicale come “Io no” o “Penso positivo”, nella quale Jovanotti si unisce al canto utopico e di pace della “Imagine” di John Lennon.

“Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa, che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa, passando da Malcolm X attraverso Gandhi e San Patrignano, arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano…” da “Penso positivo” del ’94.

La musica di Jovanotti diventa “L’ombelico del mondo”
Che l’amore sia un linguaggio universale è cosa nota, ed è proprio grazie a canzoni, che trattano del sentimento per antonomasia, che la musica di Jovanotti varca i confini del Belpaese. Due hit come “Piove” e “Serenata Rap” conquistano le radio di Europa e Sudamerica entrando ben presto in loop nelle menti degli ascoltatori. Stesso destino per “L’ombelico del mondo”, il pezzo con il quale Cherubini partecipa persino agli MTV Europe Music Awards del 1997 a Rotterdam, e che sembra descrivere perfettamente il nuovo mondo musicale e di successo che l’artista nato a Roma ha ormai costruito intorno a sé.
“È qui che si incontrano facce strane di una bellezza un po’ disarmante, pelle di ebano di un padre indigeno e occhi smeraldo come il diamante, facce meticce di razze nuove come il millennio che sta iniziando, questo è l’ombelico del mondo e noi stiamo già ballando…” da “L’ombelico del mondo” del ‘97

Dagli anni 2000 ad oggi
Gli anni Novanta di Jovanotti si concludono con un’operazione lodevole, che conferma il suo impegno nel sociale: il brano pacifista “Il mio nome è mai più” cantato con Piero Pelù e Luciano Ligabue per raccogliere fondi devoluti all’associazione umanitaria Emergency nel bel mezzo della guerra in Kosovo. Gli anni 2000 iniziano allo stesso modo, con l’apparizione di Lorenzo al Festival di Sanremo con il pezzo “Cancella il debito”, che pone in risalto le condizioni di vita inumane dei paesi del terzo mondo.

“Un miliardo di persone nel pianeta vivono con meno di un dollaro al giorno. Non stanno tentando di battere nessun record e non hanno fatto voto di povertà, la loro realtà non è una scelta, ma la loro unica possibilità…” da “Cancella il debito”del 2000

I primi anni del 2000 sono per Jova forieri di collaborazioni e di nuove idee, tra i quali il progetto musicale alternativo Roma – Collettivo Soleluna che riscuote anche un buon successo. Nel 2005 la musica di Cherubini conquista ancor più maturità e l’album “Buon Sangue”, nato proprio in quest’anno, occupa stabilmente il primo posto della hit parade italiana, trainato da successi come “Tanto” o “Mi fido di te”. Gli anni subito successivi sono sempre più una conferma del marchio di successo “Jovanotti”, anni in cui nascono grandi evergreen come “A te” del 2007 o la struggente “Fango” dedicata al fratello scomparso nello stesso anno.

“Io lo so che non sono solo anche quando sono solo, io lo so che non sono solo, e rido, e piango e mi fondo con il cielo e con il fango…” da “Fango” del 2007.

_MKD0049_Crediti Michele Lugaresi

È un Jovanotti più cantautore e più romantico quello degli anni 2000 e 2010, che non dimentica certo l’impegno sociale – sua e di Giuliano Sangiorgi l’idea del pezzo benefico “Domani” per raccogliere insieme ad altri colleghi artisti dei fondi per i terremotati d’Abruzzo -, ma che si rivela sempre di più un cantore dell’amore e dei sentimenti in generale. In quest’ottica nascono pezzi come “Tutto l’amore che ho” o “Le tasche piene di sassi”, o ancora le “cinematografiche” “Baciami ancora” o “L’estate addosso”, e le adrenaliniche “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang” e “Sabato”.

“Come posso io non celebrarti, vita?”
Una vita vissuta al massimo quella di Jovanotti, una vita spericolata, sempre per citare quel Vasco, artista feticcio fin dalla notte dei tempi per Lorenzo Cherubini, che andava celebrata con un disco magnifico prodotto da un altrettanto magnifico professionista: lo statunitense Rick Rubin.

Com’è nato il rapporto con Rick Rubin?

È nato come un miracolo 5-6 anni fa. Una sera l’ho visto in una stanza dove c’erano altre 300-400 persone ed ho sentito dentro di me come un fuoco; probabilmente io faccio questo mestiere perché lui ha fatto negli anni ’80 dei dischi che mi han fatto credere che anch’io potessi fare dischi. Ci siamo presentati ed è nata subito una bella amicizia, lui mi ha fatto ascoltare delle band da lui prodotte ed io gli ho fatto conoscere un po’ l’Italia. Ad aprile 2017 poi mi son fatto coraggio, gli ho fatto ascoltare 18 demo – le abbiamo ascoltate tutte e 18 senza interruzioni – , ed eccoci qua…
È stato facile instaurare un bel feeling; alla fine siamo cresciuti con la stessa musica, poi lui ha preso una strada più punk ed io una più pop.

Dov’è nato “Oh, vita!”?

Abbiamo registrato il disco in Italia, in una villetta in Toscana. Con Rick ci siamo ripromessi di chiuderci là per una ventina di giorni con l’attrezzatura adatta e capire cosa sarebbe successo. Desideravo tanto mostrare il meglio del nostro paese ad un producer di fama mondiale come lui.

Qual è il punto di forza dell’album?

Il fatto che il risultato di queste registrazioni sia musica e non show business – proprio come mi ha detto Rick Rubin – a me e a lui interessano le emozioni, l’arte. La musica è tornata al centro della mia vita; non che prima non ci fosse, ma insieme a lei c’erano anche altre cose legate al mio lavoro.
Ora la musica è prepotentemente e finalmente al centro, è un disco autentico, che parla di vita dal mio punto di vista, mi fa venire i brividi solo a parlarne, solo a pensare che grazie a questo disco ho scelto di vivere una nuova vita.