di Alessandro Sgritta
KuTso, che effetto fa?
A tu per tu con Matteo Gabbianelli, cantante, autore e musicista romano, leader dei KuTso che il 4 maggio hanno pubblicato il singolo “Che effetto fa. L’album omonimo uscirà a settembre per Goodfellas/Wing (distribuzione digitale Believe) e sarà prodotto dallo stesso Gabbianelli in collaborazione con Marco Fabi.
Ciao Matteo, partiamo dal nuovo singolo “Che effetto fa”. Il titolo, che poi è anche il nome del nuovo disco, mi fa pensare sia a Enzo Jannacci (“per vedere l’effetto che fa” da “Vengo anch’io, no tu no”) sia a Renato Zero (in “Fermo posta” c’era proprio la frase tormentone “Che effetto fa?”), è soltanto un caso?
Porca miseria, hai trovato due accostamenti dai quali non sono assolutamente partito, però ora che mi ci fai pensare, hai ragione!…Nel caso di Jannacci, dopo aver scelto il titolo, mi sono reso conto immediatamente che il richiamo, anche se involontario, era diretto ad un artista che stimo profondamente, mentre nel caso di Renato Zero, non conoscevo nemmeno questa canzone, l’ho ascoltata ora e devo dire che nel ritmo incalzante vagamente funk ha delle connessioni con il nostro brano, insomma tutto casuale, però ci sta! In realtà il concetto alla base di questa canzone è che prima o poi ti tocca fare i conti con te stesso, domandarti se quello che sei oggi è proprio quello che avevi sognato di diventare e per cui avevi lottato con convinzione: la tua “rivoluzione” che fine ha fatto? Che effetto fa accorgersi di avere ceduto alle lusinghe di una vita comoda, di un amore convenzionale e di una sistemazione senza più sorprese? “Che effetto fa” non è solo una domanda, ma una constatazione che la tua vita si è capovolta e la devi reinterpretare se non vuoi vivere un’esistenza inerte.
Il nuovo disco uscirà a settembre per Goodfellas/Wing, che disco sarà rispetto ai precedenti? So che hai collaborato con Marco Fabi, che differenza c’è rispetto al primo prodotto da Ferrantini dei Velvet e al secondo prodotto da Alex Britti?
La grande differenza è che per la prima volta ho realmente collaborato artisticamente con qualcuno, non si è trattato né di rapporti “amministrativi”, né di jointventure dovute ad eventi casuali. Questa volta ho scelto di lavorare insieme a un produttore, nel caso specifico con Marco Fabi, che ha una sensibilità artistica spiccata ed un grande rispetto per la personalità musicale degli autori con cui lavora.
C’è stato un importante cambio di formazione rispetto al disco precedente, in pratica sei rimasto l’unico membro originario del gruppo dal 2006, i nuovi ingressi sono Brian Riente (chitarra), Luca Lepore (basso), Bernardino Ponzani (batteria), a cosa è dovuto questo cambio e come ha inciso sul nuovo sound della band?
Una volta esauritasi l’onda partita da Sanremo e continuata con due anni di tour, credo che gli altri si siano accorti che l’idea di continuare a sputare sangue per la musica rincorrendo sogni ed illusioni, non facesse più per loro. Inoltre, non apprezzavano gli ultimi brani che stavo scrivendo e non si identificavano più con il progetto. Non nego che sia stata una bella botta per me, che mi ha gettato in un profondo stato depressivo, dal quale mi sono ritirato su semplicemente continuando a lavorare sul disco. Ora però devo dire che il gruppo è veramente più forte che mai, Luca e Brian sono bravissimi ed estremamente versatili. Bernardino, oltre ad essere un batterista granitico e groovy, è anche una persona splendida che ha portato una ventata di freschezza all’interno della band.