a cura di Carlo Ferraioli
Chet Faker, “come un flusso cosciente di energia” L’artista australiano cambia nome ma non l’umore: intraprendenza e tanta passione
In principio era il verbo, ed il verbo recitava Nicholas James Murphy. No, non è un’omelia, tranquilli, ma solo l’inizio di una storia particolare, lo start di un percorso a tappe, ognuna delle quali diversa e, a suo modo, unica. Prossimo ai trent’anni quest’anno, il musicista e cantante oceanico Nick Murphy, conosciuto con lo pseudonimo di Chet Faker, traccia un primissimo giro di boa, senza sembrare stanco di remare.
È dell’aprile 2014 il suo primo vero lavoro annoverabile nella categoria studio albums, con il quale Nick, allora noto come Chet, esprime tramite una languida forza interna il groviglio di sentimenti che reca con sé, mostrandosi trasparente, limpido, paziente ma anche estremamente fragile, come il vetro del suo Built on glass, lavoro che lo ha tenuto impegnato per ben due anni.
Non lineare ma completo, intimo, profondo, così tanto che a tratti sembra esserlo addirittura troppo. Una collezione di dodici inediti che può parere inizialmente palli- da, come la mano che rappresenta la copertina del progetto, con un eccessivo orientamento chill-wave a dettare
tempi e modalità. Inizialmente, appunto, perché leggendo fra le righe di una fruizione completa e attenta, si mostra poi per quello che è il manifesto di un’artista sensibile, tecnicamente molto dotato, umanamente incerto, come del resto chiunque rifletta, pensi, ragioni.
E così, dopo l’esperienza di Faker ed alcuni importanti riconoscimenti in cassa, Nicholas decide di diventare Nick, cambia registro, volta pagina, senza però rinnegare o dimenticare il passato. Muta anche ambiente, “le folle australiane sono più esigenti, più difficili da gestire, etichettano con maggiore facilità rispetto a ciò che avviene negli Stati Uniti”, confessò qualche anno fa.
Da allora qualcosa è cambiato: lo scorso anno infatti esce con due novità: nome ed EP, titolato Missing Link, pubblicato a sorpresa per Downtown Records/Interscope lo scorso maggio e composto da cinque tracce.
Ci si aspettava tanto, e così è stato. Alta qualità, la musica parla da sé, non c’è critica che tenga, come nel caso delle collaborazioni con artisti pari merito eccelsi, quali Marcus Marr e Bonobo, già indagati a fondo fra le pagine di Generation.