NICOLA JAAR

Sorgente di altra musica

di Carlo Ferraioli

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C’è sempre qualcosa di “altro” nelle arti, che scon na aldilà del noto, andando a speri- mentare idee e realtà nuove. Non da meno, di certo, proprio quell’arte capace di liberare fuoco e serenità, passioni di ogni genere, e di slegare l’anima dal corpo, la mente dal suo involucro: la musica. Altresì la “nuova” musica, che nasce come ricerca continua: di ritmi nuovi, di altri strumenti,

di diverse tecniche.
Nicolas Jaar, artista appena ventisettenne dalle origini più variegate (mezzo cileno, mezzo francese), ma comunque americano per luogo di nascita (New York), ha saputo non solo ritagliarsi uno spazio all’interno del panorama elettronico dell’ultima decade, la seconda di questo strano millennio; ma, so- prattutto, è stato capace di creare varchi nuo- vi, di percorrere sentieri non battuti ancora da ciò che più è noto all’arte del comporre musica.

C’è riuscito, Nicolas, e come. L’ esordio, nel 2011, lo vede accostato al suo primo album da solista, “Space Is Only Noise”. Già da al- lora capace di attirare su di sé gli occhi del- la critica, con una linea di pensiero posta a guida delle sue articolazioni elettroniche,

che “induce a percepire lo spazio e l’universo quali unici veri di usori sonori”, come qual- cuno amò de nire. Impossibile fu non con- cedergli una possibilità, aldilà delle persona- li attitudini; impossibile oggi non grati carlo ancora per il successo di “Sirens”, il secondo da solista, uscito lo scorso 30 settembre. Quasi come ad essere preso e gettato nel successo di un mondo nuovo, quello d’ol- treoceano, dopo una “prima vita” trascorsa sicuramente con maggiore tranquillità nel suo Cile, Nicolas ha l’aria del coniglio tirato su per il cappello, quale elemento destabiliz- zante, con traiettorie ad e etto, innovative ma mai banali, anzi. Punta spesso ad un’ ele- ganza studiata nella strati cazione dei detta- gli, in un susseguirsi di elementi che com- baciano perfettamente, e che richiamano e fanno riferimento alla sua virtù principale: l’eterogeneità.

Jazz, classica, rock, psichedelica: non manca nulla nell’ultimo album di Nicolas, così ric- co e vasto di spunti e suoni, di emozioni e sensazioni e pur così intrigante, inquietante, a tratti, ma sempre incalzante. Non sai mai cosa potrebbe accadere di lì a breve, sempli- cemente perché nelle sue tracce accade tutto e niente: sanno farti attendere, sanno inse-

guirti, sanno farti rilassare e farti pensare, sanno essere musica, nel senso più profondo e melodico che siamo in grado di compren- dere. Semplicemente.

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E così, sold out dopo sold out, in Italia e non solo, Nicolas è arrivato a detenere un suo personale primato: Jaar è il giovane so- vrano di una remota e felice isola musicale. Un’isola dotata di un autonomo e funzionale ecosistema, nel quale è possibile trovare tut- to il necessario per soddisfare le molteplici necessità dell’anima e del corpo. Insomma, almeno attualmente, nessuno come lui.

Una formazione avveniristica, per nulla di cile constatare anche nell’ultima pro- duzione, distribuita dalla Other People (sua etichetta). Un lavoro ricco di ricerca e speri- mentazione musicale: le fonti sonore, i gene- ri e gli idiomi si completano e si combinano sinergicamente in una particolareggiata ar- chitettura musicale.

Lasciarsi andare a tutto ciò è d’obbligo,
farsi colpire, farsi riempire, farsi trasportare è quanto meno necessario. Quella che prima era una stella in fondo al cielo di una musica così vasta di sfumature sta pian piano sor- gendo nella chiarezza di un’alba che la mo- stra in tutta la sua unicità.