30 anni di Simpson, tra previsioni e risate

simpson

Una rivoluzione gialla che spegne le candeline in mezzo a milioni di spettatori, dediti ad una risata o ad una riflessione. Non parliamo dell’Estremo Oriente, ma del celeberrimo mondo dei Simpson, il telefilm creato da Matt Groening che vide la luce 30 anni fa, in una sera del 19 Aprile 1987.

Sotto forma di un corto di 1 minuto, la prima esperienza simpsoniana era racchiusa nel Tracey Ullman Show, un varietà del canale Fox, e si proponeva l’idea di creare sketch denigratori della società dal punto di vista di una famiglia disfunzionale. Un contenuto duraturo fino ai giorni nostri, rivisitato nella durata grazie all’accoglienza del pubblico che portò alla formula consolidata dei 20 minuti quotidiani.

Lo stesso pubblico a cavallo tra approvazione e repulsione, ma in grado di conferirgli gran clamore in vista di una globalizzazione totale che portò questo format nelle case di tutto il mondo, seppur in anni diversi. Da noi, per esempio, arrivò solamente nel 1991 su Canale 5 per essere poi spostata definitivamente su Italia 1 come programma post-pranzo. E non deluse l’aspettative, a tal punto da contaminare intere generazioni di ragazzi usciti da scuola.

Ma quali sono i motivi scatenanti di questo fenomeno? L’universalità dei temi e dei personaggi, riproducibili senza problemi in ogni parte del globo terrestre, nonostante l’immagine dell’American Way of Style.  Non è difficile infatti né trovare famiglie con un padre ozioso, una madre genuina e figli ribelli (che siano geni incompresi o ragazzacci pestiferi), né concittadini originali come i vari Boe, Apu o Ned Flanders. Senza dimenticare le istituzioni, prese di mira massicciamente attraverso figure congeniali e create ad hoc (il sindaco corrotto Quinby, il commissione Winchester e il datore di lavoro Burns).

Insomma l’universo Simpson piace per la sua schiettezza, per il marcato cinismo e forse per il suo inspiegabile lato premonitore, che ha fatto sì di anticipare l’elezione di Trump, di mostrare innovazioni tecnologie come il correttore automatico, di dare nome a fenomeni successivi (Ebola) e di mostrarci in anteprima l’Ipad. Mito e realtà si fonde in una tinta gialla difficilmente ‘cancellabile’!

Un collegamento rivoluzionario che ha cambiato il concetto di spazio

Walter_Sherman_Gifford_in_1925
“Che ore sono lì da voi?”: una domanda tanto banale, quanto inutile ai tempi d’oggi. Ma se tornate indietro di 91 anni, potrebbe sembrare determinante e scontata. Infatti nel lontano 7 Marzo 1926 veniva inaugurato il primo collegamento telefonico transatlantico, tra Londra e New York. Una  chiamata ideale ‘tra madre patria e sudditi’, se non ci fosse stata una Rivoluzione d’Indipendenza di mezzo qualche anno prima che ha portato l’America ad essere la guida delle telecomunicazioni.

L’icona dietro a  questo evento memorabile fu Walter Gifford, presidente dell’ AT&T dal 1925 al 1948 che inaugurò formalmente il servizio telefonico dal 1927, cambiando così le tradizioni mondiali nelle comunicazioni. Seppur con graduali trasformazioni, grazie ad altri grandi uomini, quella lontana domenica di 91 anni fa  è rimasta impressa nell’immaginario collettivo perché annientò definitivamente la distanza tra due persone, in tal caso giornalisti, in due uffici separati migliaia di km.

Non conta se fossero solo scambi di convenevoli, giunti sinora con fantomatiche congetture: quello che rimane è uno dei primi tasselli nelle comunicazioni, rientrante nel fervore di Marconi di quegli anni, pronto a sconvolgere la vita quotidiana.