La chiesa & la musica elettronica: due mondi (apparentemente) diversi?

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Nell’epoca della convergenza dei media e dei popoli, forse non ci si aspettava l’unione tra la Chiesa, rigida e aulica e la musica elettronica, flessibile e popular. E invece la Chiesa di San Fedele, gesuita allo stato estremo, ha creato un sottile legame invisibile che ha reso questi due mondi agli antipodi incredibilmente vicini.

Tutto è partito dalla volontà di “esaminare e favorire con varie manifestazioni di carattere culturale e artistico le correnti vive del pensiero contemporaneo ricercando particolarmente di porre in luce il loro contenuto spirituale”, come viene sottolineato sulla loro pagina. E così, tra mostre, proiezioni cinematografiche ed incontri, questo spazio si è avvicinato a tutti, grazie ad “una presa di coscienza della situazione spirituale del mondo odierno e  un ‘atto di fiducia’ verso coloro che saranno invitati a questo dialogo”.

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Nasce così l’accordo inevitabile con l’electro music, sotto forma di una manifestazione dalla durata annuale che prosegue da alcuni anni. Il titolo di questo ciclo è “Identità sonore elettroniche” ed abbraccia il periodo tra Settembre e Maggio con tantissime performance dal vivo. Influenzato da mostri sacri come Christian Fennesz Asmus Tietchens e  Arvo Pärt, esempi d’indipendenza e di modelli musicali, “l’interesse poggia sul lato umano della musica elettronica, sull’universo sonoro, sull’utilizzo di strumenti e live electronics (chitarra elettrica, organo elettrico, tabla), sulla ricerca e sulle scelte stilistiche dei musicisti, che possono integrare gusto dei dettagli e della miniatura sonora, cura dei lineamenti formali, ma anche lirismo, sonorità trascolorate, sulla scia dell’arte di Andrej Tarkovskij”In pratica una commistione tra anima e corpo che porterà in scena artisti italiani e stranieri di fama internazionale nell’Auditorium San Fedele.

Ma quali tecnologie si troveranno di fronte? L’Acusmonium, “un’orchestra di 45 altoparlanti in tre corone attivati da due mixer,  destinata all’interpretazione in concerto di musiche elettroacustiche che, attraverso la diffusione multicanale, materializza e proietta il suono in diversi punti dello spazio”. Un’esperienza immersiva all’avanguardia, marchio di fabbrica di questa fondazione, che l’avvicina tecnologicamente all’ambito concertistico e di clubbing.

Dunque ci troviamo dinanzi ad una rivoluzione degli ideali che potrebbe inizialmente far sorridere, ma alla fine farà riflettere.

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Senhit: eclettismo e voglia di fare

Nata e cresciuta a Bologna da genitori eritrei, Senhit esordisce nel musical di Massimo Ranieri e della Disney on Broadway, che le permettono di viaggiare in tutto il mondo ed entrare in contatto con culture diverse. Dopo aver intrapreso un tour come cantante nei club di New York, Los Angeles, Las Vegas e San Francisco, nel 2006 rientra in Italia dando inizio alla carriera di solista e collaborando con grandi nomi della musica italiana come Gaetano Curreri degli Stadio e Zucchero. Con la sua band, la cantante si divide tra l’estero e l’Italia, in attesa del suo nuovo album Hey Buddy che conterrà alcune canzoni live.

Noi di MZKNews abbiamo incontrato Senhit, che ci ha concesso in esclusiva un’intervista:

“Ciao Senhit, cosa hai già fatto, cosa vuoi fare da grande e come hai trovato la forza di metterti in luce a livello nazionale e internazionale? Quali sono i tuoi progetti futuri”?
La forza è l’unica cosa che non mi manca, sono una guerriera, ho tantissimo entusiasmo e voglia di fare anche se non sono più una ragazzina, sono molto affamata e ho ancora voglia di esibirmi e fare concerti. Il palcoscenico è sempre stato l’elemento più importante per me. Massimo Ranieri mi ha aperto la strada dei musical, che rappresentava per me l’esperienza più completa, quindici anni fa debuttavo con Elton John… E’ stata un’escalation sempre positiva. Tornata a Bologna mi ha proposto un contratto la Panini, che mi ha preso sotto le sue ali. Un’esperienza che ci accomunava, visto che anche loro non avevano grandi conoscenze come casa discografica. Un’esperienza che mi ha permesso di conoscere tanti artisti”.

“Pensi di proseguire su queste orme, tenendo aperti vari sipari oppure pensi di continuare a sperimentare?”
“Non ho eliminato il discorso del teatro ma mi focalizzo sulla mia esperienza da solista. Con questo album mi sento vestita addosso, con tante collaborazioni. Il tempo va veloce, anche grazie ai social. Voglio continuare a fare concerti in giro per il mondo”.

“Entrando nello specifico, qual’è la differenza tra esibirsi con i club esteri e farlo in club italiani? Dove ti sei trovata meglio?”
“Le differenze di pubblico sono inesistenti, ho fatto tour al sud dove mi applaudivano come Lady Gaga e questo è capitato dappertutto. A Parigi, Amsterdam, ho avuto la stessa accoglienza. Ciò che cambia, forse, è l’accoglienza dell’artista: all’estero una cantante viene trattata come tale, esiste il concetto di meritocrazia. C’è l’attenzione nelle piccole cose, lo scrupolo. In Italia si rischia sempre di meno e non c’è voglia di investire. Questo nei locali lo sento e si nota anche negli altri campi”.

“Un’artista come te è più cantante o cantautrice?”
“Quest’anno mi sono buttata sui testi collaborando con diversi autori. Mi sento una vera e propria co-autrice”.

“Hai scelto di cantare in inglese. Perché questa scelta?”
“Come il musical ho congelato un attimo il cantare in italiano. E’ stata una scelta strategica, perché all’estero attira di più questa lingua. Prima o poi tornerò a cantare in italiano, ne sento l’esigenza. Sono sempre stata una viaggiatrice, ma ho sempre voglia di tornare in Italia”.

“Hai mai pensato di esibirti in lingua madre?”
“La capisco bene ma ho difficoltà a cantare in maniera fluida. Non ho mai pensato di cantare in questa lingua, anche se in famiglia nonna e madre la parlano spesso”.

“Concludendo, la scelta dell’etichetta in base a cosa l’hai fatta?”
“Nell’ultimo album ho cercato produttori che mi aiutassero a trovare il genere di Senhit, molto eclettico. Canzoni energiche, ballate d’amore, electro-pop. Ho cercato il produttore che mi aiutasse a legare tutto questo. E’ stato un lavoro scrupoloso per essere più trasversale, un po’ come sono io, non riesco a darmi un’etichetta. L’album si sente che ci sono tante piccole sfumature ricercate apposta. E’ stato tutto voluto”.

Noi di MZKNews ringraziamo Senhit per l’intervista e gli facciamo un grande in bocca al lupo.
Intervista di Carlo Ferraioli

Nasce il MOMEM, un tesoro per gli appassionati della musica elettronica

momemFrancoforte, primi mesi del 2017. No, non stiamo parlando di un film o di un racconto di fantascienza, ma solo della data approssimativa per l’apertura del MOMEM, Museum Of Modern Electronic Music.
Si tratta del primo centro espositivo dedicato interamente all’electro-music, un luogo eccezionale all’interno del quale saranno presenti molti spazi di approfondimento sulla storia, gli stili e le strumentazioni della musica elettronica, dai primi bpm mai incisi su disco a cimeli di scena, come gli elmetti dei Daft Punk.
Un’idea di Alex Azary, personalità di spicco del panorama elettronico tedesco, e Stefan Weil, art-director e pubblicitario, che sta per diventare realtà dopo aver viaggiato a lungo sulla rete.Il museo, infatti, è stato interamente finanziato da una campagna di crowdfunding, ancora attiva sul sito web del MOMEM (momem.org): in cambio di una donazione che va da un minimo di 30 euro ad un massimo di 150 si riceve una “carta socio” che garantisce l’accesso alle anteprime delle mostre e dà diritto a degli sconti sui prodotti in vendita nello shop del museo.
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L’obiettivo dei due fondatori è quello di creare un centro culturale ed artistico unico nel suo genere, un punto di riferimento sia per il semplice ascoltatore di musica elettronica commerciale che per le orecchie più sofisticate.