JAN BLOMQVIST

Jan Blomqvist 3

Jan Blomqvist, l’elettronica che esce dai confini del club
Suoni minimali, melodie acustiche, un pizzico di folk punk: l’energizzante malinconia di un’artista elettro-pop dai connotati dance

di Carlo Ferraioli

Mosca, Parigi, Istanbul, New York, Roma, Copenhagen, Bruxelles, Amsterdam, Atene, Budapest, Beirut, Tunisi, Napoli, Bucarest, Varsavia, Zurigo, Marsiglia, Montpellier, Salonicco, Monaco, Vienna, Londra, Dubai: più di 300 esibizioni all’attivo, Jan Blomqvist, tedesco all’anagrafe e generazione anni ’80, è diventato grande. Ne è passato di tempo, infatti, da quando per guadagnarsi da vivere (e da suonare) lavorava dietro al bancone del Weekend Club di Berlino. Una vita passata fra i grattacieli, che fosse a preparare cocktail o, finalmente, a proporre la sua, di musica.

Così, dopo aver capito che l’elettronica melodica avrebbe potuto fare breccia sugli attici di mezzo mondo, Jan decise di voler contribuire quale valore aggiunto ad uno stile intrapreso anche da Milky Chance e Robin Schulz, giusto per dirne due. Del 2011 il suo debutto: festival Fusion, 3000 persone e, solo un anno dopo, il ritorno, lì dove aveva per tanto tempo sperato in un futuro diverso. Si esibisce infatti proprio al Weekend, questa volta però non dietro la cassa del bar a versare da bere, ma per creare un contenuto che difficilmente sarà dimenticato in seguito.

Blomqvist e la sua band diventano virali: milioni di visualizzazioni e condivisioni di una musica che quasi ipnotizza, sbalzandoti sempre un po’ qua un po’ là, fra il torvo cielo di una notte che viene e i bagliori del crepuscolo di un giorno che, oramai, lentamente, va. Ma, proprio in quell’inesorabile fluire, le sue note avveniristiche trasferiscono consapevolezza, ragione, lucidità: un ottimo sottofondo per prendere una decisione, comunicare una notizia ad una persona importante o, semplicemente, sorseggiare un Campari & Gin.
Un’eco che quasi illumina, tant’è che non tarderanno ad arrivare importanti pubblicazioni: Time Again, 2014; Remote Control, 2016; Disconnected, dello scorso 5 ottobre. Un vero amante della musica elettronica che, assieme alla band che prende il suo cognome e formata da Christian Dammann (batteria), Felix Lehmann (piano) e And Ryan Mathiesen (testi), ha saputo umilmente contribuire alla crescita di un fenomeno nuovo e frizzante, eppure così introverso. Buona fortuna, Jan!

Nasce il MOMEM, un tesoro per gli appassionati della musica elettronica

momemFrancoforte, primi mesi del 2017. No, non stiamo parlando di un film o di un racconto di fantascienza, ma solo della data approssimativa per l’apertura del MOMEM, Museum Of Modern Electronic Music.
Si tratta del primo centro espositivo dedicato interamente all’electro-music, un luogo eccezionale all’interno del quale saranno presenti molti spazi di approfondimento sulla storia, gli stili e le strumentazioni della musica elettronica, dai primi bpm mai incisi su disco a cimeli di scena, come gli elmetti dei Daft Punk.
Un’idea di Alex Azary, personalità di spicco del panorama elettronico tedesco, e Stefan Weil, art-director e pubblicitario, che sta per diventare realtà dopo aver viaggiato a lungo sulla rete.Il museo, infatti, è stato interamente finanziato da una campagna di crowdfunding, ancora attiva sul sito web del MOMEM (momem.org): in cambio di una donazione che va da un minimo di 30 euro ad un massimo di 150 si riceve una “carta socio” che garantisce l’accesso alle anteprime delle mostre e dà diritto a degli sconti sui prodotti in vendita nello shop del museo.
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L’obiettivo dei due fondatori è quello di creare un centro culturale ed artistico unico nel suo genere, un punto di riferimento sia per il semplice ascoltatore di musica elettronica commerciale che per le orecchie più sofisticate.