Ieri si è concluso il lungo percorso delle Nuove Proposte di Sanremo 2017 con una vittoria prevedibile, ma di indiscusso spessore.
Il piccolo leoncino è stato assegnato a Lele con la sua ‘Ora mai’, un brano nato da “una sensazione provata” come lui stesso ci dichiarò qualche giorno fa. In effetti si sente un tratto autobiografico, anche se diventa una sensazione comune, grazie ad un ritornello pop facile da canticchiare. Sarà forse questo il segreto della vittoria? Per i maliziosi c’è dietro la spintarella data da Maria De Filippi, conduttrice del Festival e del talent Amici, testimoniata dall’abbraccio commuovente nel backstage. Fatto sta che il televoto ha premiato il cantautore napoletano, grazie alla forza della fandom rispetto agli altri 3 finalisti o le logiche di un pezzo da radio.
Dietro Lele, si è classificato Maldestro con la sua ‘Canzone per Federica’, un brano rivolto ad una “forza della natura” dall’omonimo nome. Purtroppo non ha fatto breccia totalmente nel pubblico, ma ci è riuscito con la critica che gli ha assegnato con 39 voti il Premio Mia Martini davanti a Marianne Mirage e lo stesso Lele sui 111 disponibili. Senza dimenticare il Premio Lunezia ricevuto prima del Festival di Sanremo per il miglior testo: in pratica un bottino collaterale da fare invidia che trascina l’artista tra le rivelazioni collaudate. Chiudono il podio Francesco Guasti (3° posto) e Leonardo Lamacchia (4° posto).
Chi invece non ha preso parte alla finale, ma se ne torna a casa con un premio è Tommaso Pini che ha ricevuto il Premio Sala Stampa “Lucio Dalla” con la sua ‘Cose che danno ansia’. Grazie ad un solo voto in più (27 a 26), l’artista toscano si è posto davanti a Maldestro e si è preso una sorta di rivincita. Infatti il pezzo è stato forse uno dei grandi esclusi nella finalissima delle Nuove Proposte, grazie ai notevoli risultati airplay ottenuti tra Sarà Sanremo e l’effettivo Festival.
A ridosso dell’Ariston che vedremo live da stasera, passiamo in rassegna l’ultimo cantante tra i Giovani, Tommaso Pini. Siete curiosi di conoscere la sua storia prima dell’esordio sanremese? Vamos!
Basta vedere quest’immagine per capire chi è Tommaso Pini, colui che ha portato in scena uno dei drammi dei nostri giorni: l’ansia. Eppure lui, di ansia, ne ha sicuramente sofferto tantissimo durante le molteplici performance eseguite tra Talent e concerti locali. Da un’influenza degli anni ’80/’90, l’artista di Bagno a Ripoli, vicino Firenze ,si è fatto carico di tantissime sfaccettature che però non hanno portato lusinghe a X Factor nel 2011. Ma Tommaso non si è fermato sul piccolo schermo: ecco, infatti, l’approdo a The Voice 2014 nel Team Carrà che gli varrà la terza posizione e tanta visibilità. Grazie alla rivisitazione di ‘Sweet Dreams’, il cantante fa il boom su Itunes, giungendo sino alle prime posizioni. Colui che lo ha supportato, credendo nelle potenzialità del ragazzo, è stato Sergio Dall’Ora che ne è divenuto produttore discografico. Insieme a lui ha condiviso il sogno dell’Ariston per ben 3 anni (‘Passatempo’ e ‘Veleno ed antidoto’), sino a raggiungerlo proprio quest’anno con ‘Cose che danno l’ansia’. Un brano, quest’ultimo, che risente delle sonorità britanniche, inglobate grazie al pernottamento per alcuni mesi a Londra. Ed ora, ecco Sanremo e le sue paure: riuscirà l’ansia a trionfare?
Ci sta qualcosa oltre l’ansia? Scopritelo insieme a noi in questa divertente intervista esclusiva:
Com’è nata l’idea di parlare di ‘ansia’?
“Io sono un tipo molto ansioso nella vita, quindi ad un certo punto è nata l’esigenza di tirare fuori questo turbamento. Alla fine c’è stato questo brano che parla del rapporto che ho con l’ansia nella vita quotidiana in veste ironica, svelando i falsi miti della perfezione”.
In che genere metteresti questo brano?
“Sicuramente pop-elettronico, di natura autobiografica. So che è un pezzo non tipicamente sanremese ma essendo nel 2017 magari Carlo e gli operatori hanno voluto dare spazio alla musica che va adesso”.
Quanto ha influito il percorso sul web dello scorso anno per arrivare alla fase finale di questa edizione?
“Non so se ha influito e quanto. Sicuramente quello era un brano totalmente diverso (una ballad che parlava di un rapporto complicato) rispetto a questo. Questo invece è molto più forte perché è un tema che prende più persone, ma non so se avrà successo perché il web è sempre una lotteria”.
Cosa rappresenta per te Sanremo?
“E’ un’esperienza unica e un onore essendo un’artista italiano. E’ la possibilità di lanciare un progetto al quale lavoriamo da due anni e mezzo, una sorta di coronamento”.
E la vittoria?
“Aldilà del risultato è un trampolino di lancio: esserci ci sono e ora cercherò di viverla serenamente, anche se d’ansioso non sarà facile…”
Dalla resistenza, al viaggio: c’è un’azione diversa che distacca il precedente cantante con la nuova artista che prendiamo in considerazione. Ci farà viaggiare idealmente in parecchie zone del mondo, senza mai dimenticare la forza della Madre Patria. Per cui si parte (testualmente)!
Si può avere mille nature in una persona sola? Marianne Mirage ci dice di sì. Infatti l’artista nata a Cesena racchiude mille sfaccettature che la rendono poliedrica e imparagonabile. Tra lo studio di recitazione (diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano) e lo yoga nel tempo libero, Marianne ha cantato ovunque, curandosi da sola l’artwork del disco e i visual dei suoi concerti.
In pratica una self-made che è partita con la chitarra e ha conquistato parecchi palcoscenici, da Berlino a Parigi sino a giungere nell’Estremo Oriente. Un globo visto in lungo e largo, alla ricerca di nuove esperienze da inglobare nel suo ‘zainetto’. L’impostazione musicale però rimane la stessa: atmosfere black e soul, adatte anche per il jazz internazionale. Un genere così interessante che ha ingolosito parecchi artisti a tal punto da invitarla nei loro opening act. Parliamo di mostri sacri come Zucchero e Patty Pravo e di rivelazioni straniere come Kiesza e Benjamin Clementine, che hanno favorito la sua voglia di viaggiare.
Chi ci ha visto lungo da dietro le quinte, è stata la Sugar che la ingaggiò nel 2014 e gli ha dato la possibilità di produrre il primo album proprio lo scorso anno con il titolo ‘Quelli come me’. Un progetto discografico che invita gli altri nel suo mondo: basta solamente rispecchiarcisi. Ed ora, l’elogio alla musica, ‘Le canzoni fanno male’, singolo e nome dell’album che esamina la rilevanza di questo ambito, reiettato invece a mero strumento di sottofondo nella vita. Troverà nuovi seguaci nell’Ariston? Questo non si sa’, ma proverà lo stesso ad ipnotizzarli con una performance curata nei minimi dettagli.
Cos’altro c’è da sapere? Basta leggere la nostra chiaccherata:
Quanto ti sei rivista nel brano scritto da Bianconi e Kaballà? “Mi ci sono rivista in tutto ciò che è stato detto e ho pensato che fosse quella giusta per Sanremo”.
Com’è nata l’idea di parlare delle ‘canzoni’? “Per far ricordare la forza della musica e la potenza di alcune canzoni che abbiamo ascoltato nei momenti più salienti della nostra vita. A volte, infatti, ci concentriamo sulle storie, ma non sull’importanza di essa…”
Dove lo inseriresti in termini generali? “In quello che traspare in tutto l’EP in uscita: nel genere soul che ricorda le sonorità della musica black con una struttura semplice ed intuitiva pop, come si nota sul ritornello. Inoltre le ritmiche sono incalzanti grazie all’uso di trombe e bassi, perché mi piace avere cura di ogni canzone. Non riuscirei a pensarmi senza grew…”
Beh ne sei stata influenzata da quando sei piccola, quando hai iniziato a calcare palchi prestigiosi in tutto il mondo . Che differenza hai notato tra questi posti all’estero e l’Italia? “Ogni posto ha qualcosa di bello e qualcosa di brutto, come succede ogni volta che viaggi. Il pubblico più attento è stato chiaramente quello di Tokio, mentre quello che mi ha stupito è quello di Berlino: dovetti fare un concerto più breve perché i tedeschi stanno in silenzio tutto il tempo per ascoltare, dando tutto loro stessi durante la performance . Noi, invece, siamo meno ‘attenti’ all’ascolto, ma non vuol dire che non ci piace…Forse è perché, essendo più latini, siamo più calorosi! Comunque non ci sono parecchie differenze, anche perché, passata la crisi dei generi con l’avvento dei Talent rispetto alle proposte delle majors , è rinato un mercato florido nella musica italiana e le stiamo colmando”.
Oltre alla musica, ti sei dedicata alla recitazione e ad altre passioni. Come riesci a conciliare tutti questi mondi? “Questi mondi, fortunatamente, sono tutti uniti. Anche la stessa recitazione ti aiuta a capire come gestire fisicamente l’energia, che è fondamentale anche per stare sul palco. Penso che se la voce è un muscolo, tutto il corpo deve muoversi in quella direzione…”
Cosa rappresenta per te questo Festival, essendo la tua prima volta? “E’ un punto fondamentale della mia carriera e lo vivo con estrema fiducia nelle mie capacità e nella canzone. Voglio dare quello che sono su quel palco, dato che il palco è la cosa più importante per me”.
La vittoria, invece, cosa simboleggerebbe? “Come ogni volta, si vorrebbe vincere ma io non sento parecchio la competizione: faccio il mio e lo faccio al meglio. Se vinco, vuol dire che sono piaciuta al pubblico ed è la cosa che piace di più a tutti!”
Sul nuovo EP ‘Le canzoni fanno male’: cosa ci dovrebbe spingere ad acquistarlo? “Perchè parla di un modo di vivere l’amore e di essere donna. Purtroppo si pensa che le donne siano la parte debole dell’amore, ma, siccome io vivo le storie da protagonista, è importante che le donne la vivano allo stesso modo. C’è, in pratica, una voglia di dimostrare in musica il femminismo, con originalità”.
Quando la timidezza non può essere di casa: c’è uno stacco netto tra il precedente cantante esaminato e Maldestro, il giovane cantautore partenopeo che è stato definito da tutti come la possibile rivelazione di questo Sanremo Giovani. Siete pronti a scoprirlo da vicino? Si parte!
“Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità”. Parafrasando Einstein, possiamo intravedere Maldestro, la rivelazione della musica indie degli ultimi 3 anni. E le difficoltà, in tal caso, le hanno offerte l’ambiente in cui è vissuto da piccolo, nella pericolosa Scampia. Nella vita, però, si sceglie sempre cosa diventare e Maldestro percepì nell’arte la fuga ideale. Dapprima sotto forma di teatro – dove si improvvisa regista, interprete e drammaturgo – l’adolescente scorge un prezioso campo, grazie anche ai premi ricevuti (Premio Sipario e Premio Scheggie di Teatro), dove potersi scontrare con le mafie inneggiando alla legalità. Al contempo esamina la musica, iniziando a scrivere testi senza velleità di pubblicarli: sono piccole scintille che fanno da preludio alla sua carriera da cantautore. Infatti a 28 anni sente l’esigenza di rendere pubblici i suoi sentimenti legati all’amore, la rabbia e la speranza, decidendo così di rilasciare “Sopra al tetto del comune” e “Dimmi come ti posso amare”. Non fu un salto nel vuoto: i brani piacquero così tanto da ricevere parecchi riconoscimenti tra il 2013 e il 2014. Da queste iridate basi nacque il suo primo album ‘Non trovo le parole’ nel 2015, che gli valse la Targa Tenco come miglior album d’esordio. E l’impatto col grande pubblico? Arrivò grazie alla partecipazione sul palco di San Giovanni per il Primo Maggio 2016, dove si dimostrò all’altezza delle aspettative. Ora solcherà un altro palcoscenico da urlo e punterà a conquistarsi un altro tipo di pubblico con la sua ‘Canzone per Federica’, arrangiata da Maurizio Filardo. Comunque andrà, sarà una vittoria – dettata anche dal premio Lunezia per il miglior testo ricevuto ieri – e il raggiungimento di un traguardo che pochi sarebbero in grado di raggiungere guardando il tortuoso itinerario!
C’è altro da sapere? Questa è la nostra intervista:
Com’è nata l’idea di questo ‘inno alla vita’ e perché dedicarlo a questa persona?
“E’ nata in modo naturale, un paio di anni fa, senza pensare a Sanremo. Perché lei? E’ una persona a cui voglio molto bene, una forza della natura, nonostante le avversità della vita, ha un sorriso per tutti, è stato un onore poterla immortalare in una canzone”.
Come si può catalogare tecnicamente questo brano? “Non lo so, è una cosa che non mi chiedo mai. Spero si sistemi dentro qualcuno, quando fuori il tempo minaccia tempesta”.
Hai vissuto un’infanzia difficile, ma ti ha reso un uomo forte e virtuoso: quanto ha influito il passato nella tua musica?
“Il luogo in cui nasci, ti forma, lo porti addosso, per sempre. Ha influito e continuerà a farlo”.
Cosa rappresenta per te Sanremo? “Un altro punto di partenza. Dopo Sanremo quello che conta e continuare il viaggio, strada per strada, centimetro per centimetro”.
Cosa faresti in caso di vittoria? “Primo o ultimo, farei la stessa cosa: costruire”.
Tra esordienti ci si capisce alla perfezione: da Lele passiamo logicamente a Leonardo Lamacchia, per raccontare i suoi piccoli passi verso la grande musica e rendervi partecipi della nostra ‘chiacchierata’. Si parte!
“La più grande avventura è quella che ci porta alla scoperta di noi stessi”: possiamo parafrasare Romano Battaglia per inquadrare Leonardo Lamacchia. Il cantautore di Bari ha esplorato parecchi generi musicali, prima di scoprire l’essenza della sua voce baritonale. Dalla classica, grazie al corso di voci bianche a 6 anni, sino all’infernale rock da solista: intermezzi agli antipodi prima di scorgere nella canzone d’autore la sua propensione. Sarà proprio attraverso il suono di un pianoforte e una penna che noterà la sua natura cantautorale, allontanando quella sua timidezza che lo ha sempre contraddistinto. A galvanizzare la sua scelta, ci hanno poi pensato gli elogi dei grandi artisti come Massimo Ranieri che lo hanno paragonato a Sergio Cammariere. Ed ora, con questo piccolo bagaglio, si avventura nel tempio della musica italiana, pronto a mostrarci il suo talento con ‘Cio che resta‘, il pezzo scritto insieme a Mauro Lusini (‘C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones’) e Gianni Pollex (‘Straordinario’). Riuscirà a ricevere lo stesso clamore delle selezioni? A ciò non possiamo rispondere, ma conosciamo i gusti dell’Ariston…
Volete saperne di più? Ecco ciò che ci ha dichiarato:
Cominciamo subito parlando del tuo pezzo portato a Sanremo ‘Ciò che resta’: è un’esperienza autobiografica o tramandata da altri? Di cosa ci parla?
“Parte da un’esperienza vissuta. Principalmente parla di una storia conclusa, di quell’attimo di consapevolezza della fine di una storia, quando vanno via tutti i rancori e ti rimane ciò che è stato, i ricordi e i sentimenti. Nonostante sia una canzone d’amore, parlo anche dell’esperienza che sto vivendo e del passato con cui ho lavorato”.
In pratica il manifesto della tua musica…
“Si, della mia musica e del mio essere che sono strettamente collegate. E’ l’atteggiamento positivo che spero di rilasciare anche agli altri”.
Dove lo collocheresti in termini tecnici?
“E’ di natura cantautorale, in chiave pop, quindi immediata. Ci sono vari tipi di cantautorato: alla Battiato o alla Dalla. Io cerco di arrivare a quello semplice e immediato .
Beh a qualcuno sei arrivato subito visto che Massimo Ranieri ti ha subito paragonato a Sergio Cammariere…
Si, è stata una serata piena di emozioni! Mi stanno permettendo di farmi sognare..
Oltre agli elogi, cosa rappresenta per te questo Festival?
L’inizio di una grande avventura che voglio tramutare nella mia vita. Su quel palco mi porto il progetto del disco e le persone coinvolte in questo percorso che sono stati i primi ‘punti d’inizio’.
E la vittoria all’esordio?
Mi darebbe la possibilità di sognare ancor di più, la coronazione di un bellissimo percorso.
Tu hai sperimentato parecchi generi: su cosa ti sei basato per preferire il cantautorato italiano?
E’ nata dagli ascolti che sto facendo ora sui quali mi sto concentrando grazie alle mille sfaccettature e le immagini. Da lì è nata la melodia e poi il testo con gli altri.
Dalla perseveranza, all’esordio. Oggi passiamo in rassegna Lele, il giovanissimo cantante arrivato in finale ad Amici 2016 e pronto a portare la musica pop in quel di Sanremo. Siete pronti? Ecco il nostro identikit.
‘Talento puro’.Lele è l’esatta commistione di questi termini, grazie alla sua giovane età, che gli vale il record di ragazzo più piccolo di questo Festival, e l’arrivo nel mainsteam grazie ad Amici. Ma occhio a reputarlo un semplice prodotto televisivo: questo giovane cantautore di Pollenia Trocchia (in provincia di Napoli) ha fatto un grandissimo studio sin dalla tenera età, tra il suono del pianoforte nel conservatorio di Napoli e quello della chitarra da autodidatta. Ovviamente la visibilità del piccolo schermo gli ha dato quello sprint in più alla carriera con una finale mozzafiato al fianco della squadra bianca di Emma ed Elisa. In tale sfida non vinse, ma le due cantanti non si sono dimenticate di lui, anzi se lo sono portato in alcune date dei loro rispettivi tour, regalandogli l’opening-act con voce, chitarra e loop station. Insomma, diffidate dai pregiudizi e ascoltatevi ‘Ora mai’, un brano pop con un ritornello che rimarrà subito impresso. Oltre a questo singolo, arriverà il sequel del primo album ‘Costruire’ con il titolo ‘Costruire 2.0′, proprio a dimostrazione di come il cantante si senta un giovane imprenditore, pronto ad erigere un meraviglioso palazzo nella città della musica.
Qui potete leggere cosa ci ha raccontato nell’intervista esclusiva:
Com’è nata l’idea di parlare di un momento così delicato in questo pezzo sanremese?
“E’ nata da una sensazione provata di cui ho voluto scrivere. E’ quello che faccio di solito con le canzoni: cerco di descrivere un momento, quello che penso…”
Dove lo collocheresti a livello di genere?
“A me non piace dare etichette a una cosa che non è ‘catalogabile’ visto che la musica è libera. Soprattutto oggi che i generi si contaminano, sia a livello estero che italiano nelle parole e nei suoni. Lo definisco un brano di musica ‘italiana’”.
Purtroppo di etichette ci sono però: quanto pensi possa pesare quella del ‘Talent’ rispetto alla tua musica?
“E’ lo stesso problema di prima: quando non sappiamo da dove arriva una cosa, cerchiamo di agire in maniera sempliciotta. Quindi sapere che un ragazzo arriva dal Talent fa capire più facilmente chi hai di fronte. Sinceramente ne ho un po’ paura. Starà a me e alla mia musica, però riuscire a scrollarmela di dosso e far capire che non sono un prodotto del talent, ma che ho passato varie fasi più ampie come quella dello studio, che tutt’ora sto vivendo”.
Che emozioni provi a salire sul palco a quest’età?
“Provo una grande emozione perché l’Ariston è la cattedrale della musica : è stata ed è una chiave di volta per parecchie carriere. Già esserci è come essere battezzati per qualcosa che può succedere e può darti la possibilità di avere una carriera”.
E la vittoria?
“Sarebbe un mattone molto importante, come quelli messi con gli album chiamati apposta ‘Costruire’, che darebbe un’accelerata a ciò che vorrei: vivere di questo e far sì che la gente mi apprezzi e capisca la mia musica”.
Oltre ‘Ora Mai’, il nuovo album “Costruire 2.0”: cosa vuole raccontarci?
“E’ legato a due parti che ho ricercato: la verità nei testi e il suono. Ai testi ho lavorato su tutti gli aspetti, sia di tematiche e strutture musicali simili alla mia identità. Il suono è molto moderno e spinto rispetto alla musica italiana e ne sono contento”.
Dalla gavetta di Area Sanremo, alla perseveranza negli anni. Stiamo parlando di Francesco Guasti, il primo cantante che prendiamo in considerazione, che ha superato tutti le selezioni ufficiali (finalmente) ed è giunto nell’agognato Ariston. Siete curiosi di conoscerlo? Allora seguitemi e capirete a cosa mi riferisco!
‘Non c’è tre, senza quattro’: l’espansione del detto calza a pennello su Francesco Guasti che al terzo tentativo vede la luce dell’Ariston . Infatti il cantante di Prato, dopo le delusioni ricevute nel 2014 e nel 2015, trova la consacrazione quest’anno ed è pronto a conquistare tutti con la sua voce roca e graffiante. In quei due anni, però, ha collezionato parecchia esperienza e una maturità tale da potersi considerare uno dei favoriti per la vittoria finale. Nel 2014 portò ‘Scintilla contro scintilla’, arrivando solo tra i primi 60 ma restando nella classifica di airplay per ben 1 mese: all’interno un messaggio così forte da accattivare anche i volontari che lo hanno chiamato nell’omonimo Festival. Poi arrivò nel 2015 la collaborazione totale con Piero Pelù dopo la permanenza nel suo team di The Voice (2013): prima ospite del tour ‘Identikit’ e poi un lavoro discografico da cui esce ‘Piovono rose’. Anche in questo caso piovono applausi, ma non risultati: il brano fu nuovamente bocciato. L’anno dopo, nel 2016 arrivò ‘Io e te’ che fu fermato solamente nella finalissima dei 12 giovani.
Ma Francesco ha un cuore rock, duro, irrefrenabile: così si ricandida per la terza volta e porta ‘Universo’, riuscendo finalmente a guadagnarsi il pass per il Festival di Sanremo. In onore a questo risultato, rilascerà anche l’ultimo album con l’omonimo titolo dal 10 Febbraio per la gioia dei suoi fan!
Ecco cosa ci ha raccontato in esclusiva:
La copertina del nuovo album
Cosa ci vuole raccontare ‘Universo’? “Universo vuole innanzitutto essere un inno alla speranza, vuole scuotere chi si adagia su se stesso e non crede più nei propri sogni. Parla di una generazione, quella dei trentenni, di cui faccio parte, che si sente persa , ma non deve perché ognuno di noi ha il potere di creare il proprio Universo, la propria realtà”
Dove la inserire in termine di generi musicali? “Cantautorato con sonorità moderne”
Finalmente sei entrato ufficialmente tra gli 8 finalisti che saliranno sull’Ariston dopo esserci andato vicino nel 2014 e nel 2015. Secondo te cosa ha influito per arrivare stavolta in fondo? “Eh, finalmente! Me la sono sudata, non c’è che dire… Penso fosse oggi il momento giusto:niente avviene per caso e questo l’ho capito dopo la delusione dello scorso anno. Credo fortemente in Universo perché parla di qualcosa che ho toccato, vissuto, sconfitto. Volevo portare un messaggio in cui credevo e questo, probabilmente, è arrivato a chi doveva scegliere”.
Tu rappresenti simbolicamente il rock in questa manifestazione: secondo te, com’è riuscito un genere così ‘underground’ a solcare il palco della musica mainstream per eccellenza? “Il mio timbro vocale tinge il brano di questo genere musicale, ma le sonorità, stravolte, non sono rock. Spero di rappresentare proprio questo sul palco:un cantautore che vuol raccontare qualcosa, portare un messaggio e lo fa con sonorità che possono arrivare a tutti”.
Cosa rappresenta per te il Festival di Sanremo? “Fin da piccolo ho guardato e ascoltato il Festival di Sanremo, quasi in modo sacro con la mia famiglia (babbo mamma e 2 sorelle e 2 fratelli), erano giorni speciali, nei quali si respirava Musica, si imparavano le canzoni a memoria, ci si confrontava quasi come una giuria tecnica per decretare il vincitore, che poi, a vincere era la Musica, non un solo artista. Con questo “rito” sono cresciuto ed oggi, su quel palco adorato, porterò quello che sono oggi e quei ricordi.”