LEGION: episodio 01×06 – La recensione

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Premete il tasto “riavvolgi”: si torna al punto di partenza. Tutto è uguale all’inizio della serie, eppure tutto è diverso: al manicomio Clockwork quello che si respira è un clima di serafica tranquillità, che va a cancellare l’inquietudine che permeava questo luogo nella prima puntata. Legion, ancora una volta, si diverte a giocare con lo spettatore: la serie sa benissimo come chi guarda sia a conoscenza della natura illusoria di tutto quello che avviene in questa puntata, e proprio per questo glielo sbatte in faccia come a dire “vediamo quanto resisti”: il tutto non vuole rimanere però una semplice puntata “riempitiva”, ma cerca di approfondire la psicologia di alcuni personaggi secondari, per l’occasione anche loro a ricoprire le vesti arancioni dei pazienti del centro di riabilitazione.

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Su tutti troviamo Ptonomy, fino adesso confinato a personaggio estremamente marginale, ma del quale veniamo a conoscenza di un passato tragico, segnato dalla morte della madre quando lui era solo un bambino e il ricordo della quale continua a tormentarlo.  Melanie, invece, similmente alla psicologia interna della controparte del “mondo reale” è una donna incapace di accettare la scomparsa del marito che si rifugia nell’attesa remota del suo ritorno. Kerry e Cary sono morbosamente attaccati l’uno per l’altra, anche se qui non condividono lo stesso corpo biologico.  Amy, la sorella del protagonista, è una semplice infermiera. David, invece, è l’unico totalmente controcorrente, e sembra perfettamente a suo agio, quasi contento in questa realtà. L’unica a sollevare qualche dubbio sulla veridicità della loro situazione sarà Syd (che non per niente legge “Alice nel Paese delle Meraviglie”): è un piccolo particolare semplice come una porta che scompare e riappare il dettaglio che insinua il dubbio nella mente della ragazza, una cosa tanto piccola da essere sfuggita alla costruzione perfetta del regno di Lenny, che ha tutto (o quasi) sotto il suo controllo e che qui compare con le vesti della psicologa dell’istituto.

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Il ritmo della puntata, come abbiamo detto, è diametralmente opposto ai fuochi d’artificio dello scorso episodio, spezzando la narrazione a metà in attesa dei nuovi, prevedibili stravolgimenti delle ultime due puntate della stagione: ma questa tirata di freno a mano alla serie funziona? Purtroppo, sì e no. Se l’idea di Noah Hawley di dare un attimo di respiro allo spettatore, approfondendo al contempo i personaggi secondari, è apprezzabile, ci pare che sia proprio la grande protagonista della puntata, la Lenny di Aubrey Plaza, a funzionare così così. Se infatti la settimana scorsa avevamo mosso alcune critiche all’interpretazione emotivamente abbastanza piatta di Rachel Keller, qui la critica opposta va invece fatta alla Plaza: capiamo che il personaggio è volutamente esagerato, ma la scelta attoriale e la mimica facciale dell’attrice, specialmente in alcune scene, è veramente troppo sopra le righe. Non commentiamo nemmeno la scena del balletto, che avrebbe dovuto essere straniante e tra il divertito e il sensuale, ma che riesce solamente a dare una sensazione di “sbagliato”, imbarazzante e fuori posto che non siamo davvero riusciti a farci andare via.

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Insomma, puntata di transizione necessaria ma che poteva essere decisamente gestita meglio: rimangono sempre lodevoli la fotografia e la scenografia, qua entrambe molto più pastose e pacate, coerentemente con il tono e il ritmo dell’episodio. Le uniche gioie della puntata la danno le sporadiche apparizioni dell’ipotetico (secondo alcune teorie del web) Shadow King, e di Oliver, vero “deus ex machina” della puntata e forse dell’intera serie.

Legion è una serie che non smette di sperimentare, nemmeno nei suoi episodi di transizione: come tutti i migliori esperimenti, però, a volte funziona e a volte no, ma noi continuiamo ad apprezzare veramente tanto il tentativo di creare un prodotto così diverso e distinto dagli altri. Nella puntata tuttavia non ci è sfuggito un particolare molto interessante: Lenny/Demone dagli Occhi Gialli dice a David di aver conosciuto suo padre, dicendo che “non è così santo come vorrebbe far sembrare”: siamo forse in vista di una possibile rivelazione della presenza del Professor X, Charles Xavier nello show?

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LEGION: episodio 01×05 – La recensione

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Il quinto episodio di Legion sovverte tutte le (poche) certezze che ci erano state date finora, in quello che è, per adesso, l’episodio migliore della stagione.

Troviamo già dall’inizio dell’episodio un David molto diverso rispetto a quello che abbiamo imparato a conoscere: una volta tornato dal viaggio nei meandri della sua mente il ragazzo sembra molto più sicuro di sé, quasi cinico e arrogante. Dietro al suo sguardo sprezzante continuiamo a vedere, però, quel bagliore di follia che se all’inizio poteva nascondersi agli occhi dei suoi compagni d’avventura, adesso si fa troppo presente anche per loro. Quando infatti David decide di andare a salvare la sorella, prigioniera della malvagia Divisione 3, si svela a Melania Bird la verità su cosa si nasconda nella mente del mutante: un parassita, un mostro, un’entità arcaica che divora i ricordi della persona in cui risiede, alterandoli.

Il salvataggio della sorella di David vedrà il corpo del ragazzo quasi “pilotato” dai suoi stessi poteri, trasformando infatti la missione di salvataggio in un vero massacro: tutti quelli che sembravano essere il nemici principali della serie (tranne The Eye) verranno annientati dai poteri di David, polverizzati, letteralmente, con uno schiocco di dita.

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Partiamo dicendo che è necessario elogiare come la narrazione e le scelte visive dell’episodio siano, come abbiamo già detto più volte, veramente originali e inedite (la scena senza audio è straordinaria per come è concepita): unico neo, come già altri hanno fatto notare, è la recitazione di Rachel Keller nei panni di Syd. Per quanto lo straniamento della ragazza alle situazioni sempre più assurde alle quali viene sottoposta sia comprensibile, a parte sgranare gli occhi e rimanere imbambolata, però, per adesso l’attrice non ci sembra riesca ad essere pienamente efficace nel rappresentare la sua determinazione di salvare David, né tantomeno nell’incarnare la situazione di una mutante intrappolata nell’estraniazione obbligata da qualunque tipo di contatto fisico. Che questa scelta recitativa sia voluta o meno  non è dato saperlo, ma in attesa di  vedere lo sviluppo della storia noi restiamo con un grande dubbio.

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D’altra parte invece, siamo contenti di come le fila della narrazione si stiano piano piano, miracolosamente, districando: la storia di Legion di per sé non è particolarmente complicata, ma la messa in scena e la narrazione discontinua avrebbero potuto rendere l’intero sviluppo un grosso fuoco di paglia, rischio che per adesso non sembra correre.

“Il mio nome è Legione, perché noi siamo in molti”, dice il demone nel vangelo di Marco 5, 10-20: non è un caso che sia proprio questo il nome di questa serie. Quanti saranno veramente i “molti” che albergano nella mente di David? Che Syd, Melania Bird e tutti gli altri siano nient’altro che altre personificazioni delle personalità multiple del mutante? In attesa di scoprire quante più cose possibili nei tre episodi che rimangono alla conclusione di questa stagione (Legion è stato rinnovato ufficialmente per una seconda stagione), ci prepariamo a farci esplodere il cervello proprio come nel suggestivo poster della serie.

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LEGION: episodio 01×04 – La recensione

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Il tratto distintivo della serie televisiva ideata da Noah Hawley è principalmente uno: se ne frega. Se ne frega di spiegare allo spettatore qualsiasi cosa, lasciandolo a ricomporre i pezzi che gli sono stati dati. Se ne frega della storia, preferendo mantenere una narrazione sconnessa ed esteticamente unica. Se ne frega dei collegamenti con il materiale originale, intraprendendo una visione slegata dall’universo cinematografico degli X-Men. Se ne frega persino di ribadire tramite una sigla iniziale la propria identità, tanto che in questa quarta puntata il logo “Legion” dura meno di un secondo. Tuttavia, Legion può permettersi tutto questo senza stonare, perché la sua estetica continua ad essere così immediatamente riconoscibile e originale da rendere questa serie diversa da qualsiasi altra che abbiate mai avuto modo di vedere.

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La quarta puntata si apre con un uomo vestito di bianco che parla direttamente alla telecamera: scopriremo più avanti che si tratta del marito di Melanie Bird, Oliver, intrappolato in un piano astrale e che qui ci introduce all’episodio con un monologo che parla della dualità della natura umana, tra empatia e paura.

La dualità è anche il tema di fondo di tutto questo episodio, come anche forse dell’intera serie: è presente nei personaggi di Cary/Kerry, che condividono lo stesso corpo e che provano allo stesso tempo le stesse sensazioni; è presente nella psiche frammentata di David, che confonde realtà e allucinazione;  emerge infine più che mai, soprattutto, nella narrazione di questo episodio, in cui è evidente il contrasto tra quello che avviene nel mondo reale e quello che invece è solo una proiezione illusoria. Per buona parte della puntata, infatti, siamo nel mondo reale, dove seguiamo Syd, Ptonomy e Kerry indagare su cosa sia successo realmente a David prima del suo arrivo al Clockworks, in una ricerca che li condurrà fino al dr.Poole, psichiatra che aveva in cura il ragazzo: David, nel frattempo, si ritrova ancora addormentato dopo gli eventi dello scorso episodio, immerso nel tentativo di scappare dal labirinto autoimposto dalla sua stessa mente e dalle visioni che lo perseguitano.

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Dopo alcune puntate dove le location erano restate abbastanza statiche, concentrandosi sulla mente del giovane mutante, la narrazione di questo “Chapter 4” si fa infatti molto più dinamica e corale, con alcune sequenze di azione decisamente inaspettate. In aggiunta, arrivano anche i primi chiarimenti: scopriremo nel corso dell’episodio che il cane che compare nei ricordi di David in realtà non è mai esistito, così come che Lenny (l’amica di droghe di David) in realtà era un uomo grassoccio, Benny. Sono allora proprio queste le cose che fanno arrivare la conferma di quello che gli spettatori più attenti avevano già subodorato: quasi tutto quello che abbiamo avuto modo di vedere nei ricordi del ragazzo è finto, o perlomeno totalmente distorto.

Ma allora quanto di quello che abbiamo visto è vero, e quanto è invece una proiezione mentale o una modificazione operata dalla mente di David? Ancora non lo sappiamo, e nemmeno è detto che ci verrà data una risposta. Legion se ne frega anche di darne una e tutto quello che abbiamo, invece, sono delle idee e delle immagini da incastrare tra piani astrali, temporali, mentali diversi. Per adesso però è tutto talmente divertente che c’è da dire che alla fine, delle risposte, ce ne freghiamo un po’ anche noi.

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LEGION: episodio 01×03 – La recensione

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La terza puntata di Legion si apre con una scena che vede la dottoressa Melanie Bird, a capo di Summerland, dialogare con una macchina del caffè futuristica che racconta alla donna la storia giapponese della ragazza- gru, Tsuru no Ongaeshi: un taglialegna e la moglie salvano una gru da una trappola e ricevono, subito dopo, la visita di una giovane donna vestita di bianco. La ragazza si ferma dai due coniugi e li convince ad acquistare un telaio, con il quale provvederà a cucire dei vestiti che i due poi potranno vendere, in modo da sdebitarsi della loro ospitalità. La regola da non infrangere è una sola: mentre ella lavora, i due non la dovranno mai guardare. Chiaramente, la promessa fatta verrà presto infranta e la ragazza verrà rivelata per quello che realmente è, ovvero la gru che poco prima i due avevano salvato: a causa della curiosità dei due, ella volerà lontano senza mai più ritornare.

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La curiosità può essere spesso controproducente, è il chiaro messaggio della storia fornita dalla saggia macchinetta del caffè, e sarà proprio la curiosità nei confronti della mente di David Haller il fattore che metterà in pericolo l’intera combriccola di personaggi di Legion. Anche questa puntata infatti, come la precedente, si svolge interamente con Ptonomy, Melania Bird e la dolce Syd che continuano ad indagare sulla memoria del potentissimo mutante: ad un incremento continuo dei flash che David ha della sorella imprigionata e interrogata, corrisponderà una parallela necessità di capire la portata e l’entità dei suoi poteri prima che essi possano essere controllati.

Come i personaggi continuano imperterriti a voler esplorare la mente di David, fino anche a venirne imprigionati all’interno, così anche lo stile visivo e narrativo della serie cambia poco o niente rispetto alla puntata scorsa: se la struttura di Summerland comincia un po’ a stancare soprattutto a causa della monotonia delle location, quando veniamo catapultati nella mente del mutante la serie mantiene i suoi altissimi standard qualitativi. La trama orizzontale infatti è anche qui praticamente inesistente, lavorando più che altro sul groviglio di sensazioni e riferimenti confusi della labirintica mente del mutante e mantenendo una narrazione estremamente compatta ed efficace: i giochi di montaggio si alternano a continui cambi del taglio d’inquadratura,  con uno stile riconoscibilissimo e unico.

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In aggiunta, in questa puntata la serie viene contaminata anche da con fortissime tinte horror: in attesa di scoprire chi (o cosa) sia il terrificante “Demone dagli occhi gialli” che infesta la mente del povero David, dai suoi ricordi emerge anche un’altra figura a tormentare i tre esploratori della mente. Si tratta di un pupazzo dalla testa gigante (e dai tratti un po’ hitleriani) che sembra essere uscito direttamente dal macabro libro della buonanotte che veniva letto  ogni sera al piccolo David dal padre, la cui identità ci è ancora ignota.

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Se questa inedita svolta horror funziona alla grande, c’è da dire che viene naturale chiedersi quanto ancora la serie ideata da Noah Hawley reggerà questo tipo di narrazione che tanto indaga sul passato del protagonista, quanto fa progredire quasi per nulla la storia principale. David è un teleporta? È un telecineta? Un telepate? Quanto è potente realmente? Cosa è successo nel suo passato? Cosa, di quello che stiamo vedendo su schermo, sta accadendo realmente e cosa invece è solo una sua allucinazione? Ancora sono molte le domande alle quali la serie dovrà rispondere: fatto sta che noi da questo labirinto mentale ancora non riusciamo a uscire.

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Legion è una serie televisiva ideata e prodotta da Noah Hawley, trasmessa negli Stati Uniti dall’emittente via cavo FX dall’8 Febbraio 2017 e che in Italia va in onda ogni lunedì su Fox. Interpreti: Dan Stevens, Rachel Keller, Aubrey Plaza, Bill Irwin, Jeremie Harris, Amber Midthunder, Katie Aselton, Jean Smart. Una produzione Marvel Television, FX Productions, 26 Keys Productions

LEGION: episodio 01×02 – La recensione

La seconda puntata di Legion ci porta direttamente dentro la mente del disturbato mutante, dove si comincia a diramare la nebbia che circonda il suo passato

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Dopo un eccellente primo episodio, Legion continua il suo folle viaggio nella mente di David Haller, mutante la cui potenza smisurata corrisponde ad un’altrettanto acuta instabilità mentale. Se c’era qualche dubbio che l’impianto narrativo “psicologico” della prima puntata si rivelasse essere un esperimento singolo, prendendo poi una piega più canonica con il proseguire della serie, questa seconda puntata spazza via ogni dubbio e riesce a conferire a Legion un’identità ben definita: va detto però che il marchio stilistico distintivo e riconoscibile che troviamo in questa serie televisiva è dovuto anche alla sua noncuranza rispetto al materiale originale, esempio lampante di come il non sentirsi vincolati da gabbie imposte nel rispetto della continuity di questi ormai diffusissimi Multiversi non sia sempre un male.

L’episodio si apre esattamente dove quello precedente si era concluso. Troviamo infatti David proprio dove lo avevamo lasciato, ovvero intento a dirigersi verso la misteriosa oasi di Summerland, dove i mutanti possono vivere al sicuro e allenare i propri poteri; va fatto notare come ai lettori di fumetti il personaggio di Melanie Bird (interpretato da Jean Smart), che sembra essere a capo dell’istituto, riporterà inevitabilmente alla mente il Charles Xavier della Scuola per Giovani Dotati delle testate Marvel ( che tra l’altro è proprio il padre biologico di David nei cicli fumettistici).

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David inizierà qui l’addestramento per capire e controllare i suoi poteri, con il contributo fondamentale di Ptonomy (Jeremie Harris), che ha il potere di leggere la memoria altrui. Se nel primo episodio ci trovavamo ad osservare la mente di David dal di fuori, grazie a questo espediente nel secondo episodio veniamo invece catapultati direttamente dentro la mente dell’instabile mutante: torniamo indietro nel tempo per visitare i ricordi di David e, partendo da un atmosfera serena, assistiamo ad esempio agli incontri con il suo vecchio psichiatra (dove le scene riescono a creare un forte senso di disagio grazie alla scelta di accelerare lievemente il girato), culminando infine con un’inquietante scena dove vediamo il piccolo David nella sua cameretta, mentre suo padre (celato nell’ombra) gli legge il libro The Angriest Boy in the World, storia di un bambino che assassina brutalmente sua madre.

I vari flash creano un vero quadro impressionista di immagini: la manipolazione dei ricordi e della mente corrisponde ad un consequenziale cambio del taglio dell’immagine e dell’inquadratura, e allo stesso modo della prima puntata anche qui non è chiara la sequenza temporale degli eventi. Nonostante la trama vera e propria non prosegua quasi per niente, riusciamo però a scoprire diverse cose del fumoso passato del nostro antieroe, intuendo ad esempio che le apparizioni del misterioso Demone dagli Occhi Gialli siano cominciate proprio a partire dalle avventure a base di droga con Lenny Busker (Aubrey Plaza).

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Chapter 2 è chiaramente una puntata transitoria ma, come si nota da questa breve sintesi, ancora una volta la scelta narrativa messa in atto da Noah Hawley dimostra come la struttura scelta per raccontare una storia si riveli essere spesso più solida ed efficace della storia stessa: il racconto frammentato in visioni e suggestioni funziona proprio perché è uno specchio della mente confusa di David, dove lo spettatore si ritrova intrigato e invogliato a scoprire ogni volta un tassello in più. Per adesso, infatti, è proprio questa la cosa che maggiormente colpisce e convince di Legion: in un mondo cinematografico dove ormai gli “spiegoni” la fanno da padrone, con l’intento di arrivare anche agli spettatori più duri d’orecchi, qui per una rara volta è invece l’osservatore che deve fare i conti con i propri dubbi, ragionando per cercare di comprendere appieno la storia.

LEGION: episodio o1x01 – La recensione (senza spoiler)

Il primo episodio di Legion è un viaggio nella disturbata mente di uno dei mutanti più potenti del pianeta: tra salti temporali, sintetizzatori e colori da LSD

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Il rischio di saturazione del mercato filmico e televisivo di prodotti supereroistici è veramente molto vicino: come al cinema sono ormai moltissime le pellicole prodotte dalla Marvel (nelle sue molteplici ramificazioni, dai Marvel Studios fino a quelle degli X-Men prodotte da 20th Century Fox), così anche la scia dei prodotti televisivi della “Casa delle Idee” non accenna a diminuire. Dopo Agents of Shield, Agent Carter e gli show del progetto Marvel-Netflix (tutti prodotti appartenenti al Marvel Cinematic Universe) Lunedì sera è andata in onda in Italia la prima puntata di Legion, attesa nuova serie tv frutto della collaborazione Marvel-Fox, tecnicamente appartenente all’universo cinematografico degli X-Men ma spiritualmente ad esso totalmente scollegata.

La necessità e la voglia di trovare una propria identità estetica è infatti un chiaro tratto distintivo di Legion fin dalla prima scena, carrellata dove seguiamo rapidamente la crescita di David Haller (Dan Stevens) dall’infanzia fino al ricovero, e che ci fa subito comprendere la difficile esistenza del protagonista: costantemente in bilico tra realtà e proiezioni mentali, David si ritrova rinchiuso in un ospedale psichiatrico, ma è subito chiaro come dietro la sua follia si nascondano in realtà delle facoltà psichiche che ne fanno uno dei più potenti e pericolosi mutanti in circolazione.

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La scelta dello showrunner Noah Hawley (la mente dietro la straordinaria serie tv Fargo) di portare questo problematico personaggio fumettistico su schermo è sicuramente azzardata: insieme alla storia di Legione (apparso per la prima volta in un albo del 1985 e nato dalla penna di Chris Claremont e Bill Sienkiewicz) andava infatti necessariamente trasposto tutto il suo contorno di allucinazioni, visioni e salti spazio-temporali che difficilmente sarebbe riuscito ad essere altrettanto efficace su schermo. L’approccio di Hawley è però sorprendentemente interessante: con inquadrature dagli echi kubrickiani, una recitazione sopra le righe e una gamma di colori saturi che ricordano molto la serie britannica Utopia, veniamo messi di fronte ad un disordinato insieme di scene dove è difficile capire cosa si svolga prima e cosa dopo, cosa stia accadendo realmente e cosa invece sia frutto di una proiezione mentale di David. Il risultato è un pilot studiato attentamente, disturbato e disturbante, che trasporta lo spettatore nello stesso labirinto mentale del protagonista e che crea un effetto straniante derivante proprio da questo disordine temporale. Quella che affrontiamo, infatti, è una confusione che rispecchia quella che alberga dentro la mente del protagonista, aiutata anche da una musica modellata su questo tipo di narrazione sincopata e da una sceneggiatura dalle atmosfere oniriche e visionarie, che però spiega perfettamente il passaggio da uno stato di assenza mentale ad un progressivo stato di consapevolezza del proprio essere e delle proprie potenzialità.

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Immaginatevi di vivere ogni giorno catapultati in una realtà straniante dove non riuscite a capire cosa sia reale e cosa no, un mondo in cui tutti vi credono pazzo e dove quindi, di conseguenza, cominciate a crederci per davvero anche voi. Un’ambientazione dove il tempo e lo spazio sono continuamente distorti e tutto ciò che vi circonda potrebbe essere tanto reale quanto puro frutto della vostra fantasia: i meandri della mente sono grandi quanto un universo, così come lo sono le domande lasciate insolute dalla conclusione del pilot, che non è detto troveranno una risposta nemmeno al termine delle 8 puntate che compongono questa stagione.

Legion è una serie molto diversa dai prodotti supereroistici che siamo stati abituati a vedere in questi ultimi anni, che non si limita ad un target di appassionati ma vuole fin da subito elevarsi a qualcosa di più: è un puzzle dove ci vengono forniti i pezzi in ordine sparso, e sta proprio a noi spettatori ricomporli nel giusto ordine. Quel che è certo è che il viaggio nella folle mente di David non è che all’inizio… E si prevede dannatamente interessante.

Legion è una serie televisiva ideata e prodotta da Noah Hawley, trasmessa negli Stati Uniti dall’emittente via cavo FX dall’8 Febbraio 2017 e che in Italia va in onda ogni lunedì su Fox. Interpreti: Dan Stevens, Rachel Keller, Aubrey Plaza, Bill Irwin, Jeremie Harris, Amber Midthunder, Katie Aselton, Jean Smart. Una produzione Marvel Television, FX Productions, 26 Keys Productions.