Quando a dire ‘All’Università tutto bene’ è uno come lui

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Capelli e barba brizzolati, camicia blu, jeans e occhiali neri che scivolano giù e che riposiziona sul naso quando, imbarazzato da una domanda, china la testa. C’è tutto del semplice ragazzo cresciuto in una piccola frazione di Santa Caterina Albanese, provincia di Cosenza in Calabria, nel sorriso (e soprattutto nell’accento) di Dario Brunori, noto con lo pseudonimo di Brunori SAS. Laureato in Economia e Commercio presso l’Università degli studi di Siena, Brunori si è poi inserito nell’universo cantautorale nel 2009 percorrendo poi silenziosamente una strada verso un successo che neanche lui si aspettava di conseguire.

Sceglie di aprirsi con solarità, sincerità e spontaneità Dario Brunori di fronte a una moltitudine di studenti che si sono riuniti oggi nell’Aula Magna del Rettorato per incontrarlo, attraverso l’iniziativa culturale studentesca dal titolo “All’università tutto bene. Dario Brunori incontra gli studenti” e non sembra poi così molta la distanza che separa generazioni apparentemente molto lontane. Il cantautore calabrese, da sempre sensibile alle tematiche sociali che caratterizzano la sua generazione, si è reso protagonista in questi mesi di una serie di eventi in alcuni importanti atenei italiani dal titolo “Incontri senza rete e alla pari”, in cui ha condiviso con gli studenti la sua esperienza all’università, le scelte fatte e l’impegno per le proprie passioni nella vita come nello studio.

“E’ stato molto strano per me affrontare il primo incontro con gli studenti a Siena dove mi sono Laureato e spiegare come abbia poi fatto tutt’altro nella vita” -ironizza- “l’Università, per me che sono stato uno studente fuori sede, è stata un’esperienza formativa su tanti punti di vista. Mi è servito molto ad aprirmi. Se penso che poi sono riuscito a dare Diritto Commerciale quando volevo solo suonare, ho capito che potevo fare davvero tutto nella vita”.

Ha poi esposto il tema del suo ultimo album ‘A casa tutto bene’: la paura. “Ho cercato, rispetto al passato, di focalizzare l’attenzione su quello che per me era in quel momento urgente. Mi rendevo conto che l’idea della paura veniva fuori sia dalle tematiche da trattare sia da ciò che sentivo. Era il denominatore comune -la paura- tra ciò che provavo io e quello che vedevo nel mondo intorno a me. Ho iniziato improvvisamente, spinto dall’epoca che stiamo vivendo, a considerare tutte le persone che potevano essere spaventate come me”.

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Il disco più consapevole dunque dal punto di vista dei testi ma anche e soprattutto della musica. “C’è un tempo per fare le cose ma anche per metabolizzarle. Volevo, per questo, dare un suono al disco e volevo che emergesse il fatto che sono un musicista prima di tutto” -spiega Brunori, che cerca di spogliarsi di fronte al pubblico ricoprendosi al tempo stesso sempre con un velo di ironia per nascondere “la timidezza che mi porto dietro da sempre”.

Il disco è l’unione di più personaggi che prendono la parola, è l’insieme di un equilibrio. Ho pensato di chiarire quanto sia importante emanciparsi da quella forma di cinismo che, alla fine, non porta a molto se non all’indossare una maschera”.

Un successo inaspettato il suo che sembra essere oggi luminoso più che mai ma che è legato al dolore della morte del padre. “Nella vita non riuscirei mai a dire ciò che dico nella canzoni. Forse a causa di quel pudore ereditato da mio padre. Attraverso le canzoni supero quell’imbarazzo della vita”.

Durante il suo intervento alla Sapienza, Brunori ha risposto alle tante domande degli studenti intervallando inoltre lo spettacolo, in versione acustica con la chitarra, di alcuni brani del suo ultimo lavoro : Secondo me, L’uomo nero, La verità e La vita liquida. Un momento di puro divertimento, musica e dialogo; uno di quelli che, “in un mondo di acqua in cui si è destinati a evaporare”, tocca tenerseli ben stretti.