Ilaria Viola, rompere gli schemi e diventare finalmente DONNA.

Di Lavinia Micheli

Se dovessi descrivere con una parola Ilaria Viola, probabilmente sceglierei empatia. Il suo ultimo album, Se nascevo femmina, uscito il 24 maggio, è un disco pregno di empatia verso un modo di sentire tipicamente femminile e femmineo. È facile rispecchiarsi in quei testi pieni di voglia di rottura rispetto ad un costrutto culturale che relega, anche in maniera inconscia, le donne entro schemi rigidi e limitanti, volti ad una categorizzazione a tutti i costi. Quello di Ilaria è un grido contro il pregiudizio, un’invocazione alla libertà di essere come si vuole in ogni momento, in barba ai precetti e ai manierismi del “come si conviene”. Ma lasciamo che sia lei a raccontarcelo.

Ciao Ilaria, la prima cosa che ha destato la mia attenzione quando è uscito il singolo Se nascevo femmina, è stata la sua assoluta originalità. Si percepisce una grande volontà di rottura che si trasferisce anche sulla composizione musicale del pezzo. Cosa volevi “rompere”?

Un sacco di cose. Intanto, e questo è un discorso che vale per l’intero disco, il mio essere un’artista un po’ manierista. Volevo rompere la mia patinatura: quel nascondermi sempre sotto lo studio, sotto la bella musica. L’intento era quello di risultare più diretta e la violenza del brano è dettata dall’argomento trattato: quello è un brano che io ho scritto in seguito ad una arrabbiatura reale con la mia famiglia. Eravamo a tavola con tutte le mie cugine ed ero l’unica a non avere ancora figli. Ad un certo punto è arrivata la sentenza fatidica: “Tanto tu dici che non vuoi figli e quindi non sarai mai una donna completa”. A quel punto ero indecisa tra il compiere una strage di massa o riversare tutte le mie sensazioni in una canzone. Ho scelto la seconda opzione (ride n.d.r.). E quindi sicuramente un’altra cosa che voglio rompere sono gli schemi maschilisti della nostra società, che ormai sono insiti anche negli ambienti femminili.

In effetti quest’album è molto femminile e femminista, nel senso più puro del termine. Si sente che parli fuori dai denti e ti senti stretta in qualsiasi tipo di definizione. Ti è mai capitato di sentirti stigmatizzata o costretta in una sorta di “scatola” nel tuo mestiere?

Guarda, io purtroppo sono una cantante e sono una donna. Quindi assolutamente sì. Ma non solo nel mio ambiente. Lasciamo per un attimo perdere il mondo del cantautorato ed entriamo per esempio in quello dell’insegnamento. In questa scuola di musica dove adesso insegno, non c’è neanche una cantante donna che gestisca un laboratorio, perché il senso comune vuole che le cantanti donne non capiscano nulla di musica: non sanno leggere, non conoscono l’armonia, non sanno gestire l’arrangiamento dei brani, non sanno scrivere ecc. Esiste un vero e proprio stigma che a me ha sempre fatto abbastanza imbestialire. All’uscita del mio primo disco, Giochi di parole (2014), avevo paura di dire che avevo arrangiato in prima persona i pezzi insieme a Daniele Borsato (chitarrista di Lucio Leoni n.d.r.): temevo che non appena fosse uscito fuori il suo nome sugli arrangiamenti io sarei improvvisamente passata in secondo piano, musicalmente parlando.

Nel brano Per mezz’ora canti: “Perché io m’innamoro per mezz’ora/ di ogni uomo che profuma un po’ di storia/ e ogni volta m’innamoro per davvero/ senza contegno, senza ritegno, senza rispetto”. Una bellissima ammissione di arrendevolezza e libertà in un mondo che ci vorrebbe sempre cinici e razionali anche rispetto a storie fugaci?

La razionalità è insita nell’innamoramento secondo me. Perché l’innamoramento è una cosa che ti prende a livello mentale e ti coinvolge totalmente. Quindi si tratta di una contingenza qualsiasi- un uomo, una donna, un’amica, qualsiasi cosa- che in quel momento catalizza tutte le tue attenzioni. Questo per me è innamorarsi e quindi ha molto a che fare con l’intelletto e la razionalità. Dopodiché, questo pezzo si collega anche molto a Martini (la quinta traccia dell’album n.d.r.) che invece parla del sesso occasionale che io riesco a fare soltanto se sono innamorata, ma solo per quella mezz’ora lì! Più che di differenza tra razionalità e irrazionalità si tratta di quella che c’è fra essere leggeri ed essere superficiali.

Scorrendo i vari brani dell’album si possono scorgere varie influenze che vanno a comporre quella che è la tua personalità artistica. Mi ha colpito il brano Per la gola, scritto da Leila Bohlouri, che mi ha ricordato una sorta di via di mezzo fra La ballata dell’amore cieco di De André e uno stornello romano. Vuoi raccontarmi come è nata questa canzone?

Mi ricordo che la prima volta che l’ho ascoltata mi trovavo ad un contest di cantautori, eravamo ancora tutti agli inizi. Sentii questo pezzo e mi piacque subito da morire anche perché la storia raccontata è abbastanza tragica (un uomo stufo delle continue lamentele sui pasti preparati per la sua donna che alla fine si vendica divorandola n.d.r.) e fa da contrasto con quest’aria da stornello allegro del pezzo, cantato da questa mia amica con il sorriso sulle labbra. In seguito Leila pubblicò un album di musica elettronica e non era riuscita ad infilarci questo brano meraviglioso, quindi l’ha dato a me. Io mi sono semplicemente limitata ad abbassarlo di tonalità per renderlo ancora più cupo.

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In Bamboombeto, che vede la partecipazione di Lucio Leoni, descrivi i grandi paradossi della società giapponese, a cui ti sei approcciata durante un viaggio in solitaria di circa un mese: il loro essere al contempo razzisti e profondamente ospitali, spirituali e malati di tecnologia. Cosa ti ha lasciato questo viaggio? Perché hai deciso di scrivere questa canzone?

Più che lasciarmi qualcosa, questo viaggio mi ha lasciato andare. Molte persone che mi sono vicine mi hanno fatto notare che in realtà non sono ancora tornata del tutto. È stata un’esperienza fortissima di viaggio, concentrato principalmente nella parte rurale nel sud del Giappone. Ho fatto un intero pellegrinaggio shintoista-buddista che è il Kumano Kodo, pur non essendo buddista né religiosa in generale. Ma credo nella meditazione come recupero delle energie mentali e lì sono riuscita in diverse occasioni a raggiungere la giusta concentrazione: le ore scorrevano come minuti in una serenità totale. Quindi il Giappone mi ha lasciato molta energia mentale. La filosofia buddista è qualcosa di pazzesco, i giapponesi invece sono abbastanza particolari. Fanno una vita assurda, improntata a ritmi frenetici di lavoro, relegando il pochissimo tempo libero a disposizione alla famiglia ristretta, intesa come nucleo famigliare. La vita sociale praticamente non esiste. Chiaramente tutto ciò porta ad una grandissima efficienza: i bambini per esempio già piccolissimi sono in grado di costruire robot! Questa cosa mi ha abbastanza sconvolta.

Il tuo primo album, Giochi di parole è del 2014, ed è radicalmente diverso da Se nascevo femmina. Cos’è cambiato in Ilaria, “nata donna”, in questi cinque anni?

Allora, Ilaria ha avuto una rottura con la musica molto pesante. La vita in questo ambiente è molto dura: la musica ti mangia la vita e a volte è davvero difficile andare avanti, trovare una stabilità. Contestualmente e paradossalmente cominciavo in realtà la scrittura del nuovo disco, con il primo pezzo che era ancora qualcosa di molto costruito, più simile a quelli presenti nel primo album. Un collaboratore di Lucio Leoni, Filippo Rea, che mi ha aperto letteralmente la testa, lo ha ascoltato e mi ha detto: “Ilaria hai stufato con questa storia di nasconderti dietro i tuoi manierismi, dietro lo studio. Nascondi te stessa sotto tutti questi strati e non esci mai! O cambi modo o non vai da nessuna parte e sarebbe un peccato.”. Ho quindi deciso di canalizzare tutta la mia rabbia e la mia energia nella scrittura dei pezzi, ed è uscito fuori il disco che hai sentito.

Romana de Roma. Quanto c’è di questa città nel tuo modo di scrivere e cantare?

Tantissimo. Non posso prescindere dall’accento romano quando sono spontanea, e nel disco, essendo molto spontaneo, si sente abbastanza. Però mi sono contenuta perché volevo che fosse un album che arrivasse a tutti. Io sono stata cresciuta da mia nonna che è una romana de Roma vera, che viveva a Centocelle e parlava a frasi fatte. Inevitabilmente quel modo di fare e di parlare si è insinuato dentro di me, bimba, e non mi ha lasciato più. Roma è una città che si ama e si odia tantissimo, ma è la più bella del mondo!

E cosa ti senti di consigliare alle ragazze che vogliano intraprendere la carriera cantautorale?

Sicuramente di ascoltare tantissima musica di tanti generi musicali diversi. La seconda cosa che consiglio, che può essere anche un’arma a doppio taglio, è di studiare musica e leggere tanti libri. E poi non bisogna smettere mai di prendersi in giro.

Prossime mosse per il disco?

Il primo luglio c’è la presentazione a ‘Na cosetta Estiva a Roma. Per quest’estate sono previste delle aperture che vanno ancora gestite in quanto l’album è uscito da poco. Il tour vero e proprio partirà in autunno.

 

 

 

 

 

#OutThisWeek – Le novità in sala, 06/03

Le uscite al cinema della seconda settimana di Marzo

Eccoci alla seconda settimana del mese più pazzerello dell’anno, con le uscite al cinema stiamo messi meglio? Beh, noi crediamo di sì. Questa settimana infatti vi aspettano in sala parecchie pellicole interessanti: su tutte vi segnaliamo Il diritto di contare, film amato negli States che si è meritato anche qualche nomination agli Oscar, la storia del pugile Vinny Pazienza Bleed – più forte del destino, prodotto dal maestro Martin Scorsese; e soprattutto lo spettacolare reboot del gorillone più famoso della storia del cinema in Kong: Skull Island.

Ma andiamo a vedere tutte le pellicole:

DALL’8 MARZO

AUTOPSY (The Autopsy of Jane Doe) di André Øvredal

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Tommy Tilden è un esperto medico legale e gestisce con suo figlio Austin un obitorio in Virginia. Un giorno lo sceriffo del posto arriva con un caso di emergenza, il cadavere di una donna sconosciuta ritrovato in un seminterrato a seguito di un pluriomicidio: il corpo della donna è perfettamente conservato all’esterno, ma all’interno è stato smembrato e rimangono segni di cicatrici e bruciature, come se fosse stata vittima di un orribile e misterioso rituale di tortura.


BLEED – PIU’ FORTE DEL DESTINO (Bleed For This) di Ben Younger

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La storia vera di Vinny Pazienza, è un pugile italoamericano famoso sia per le sue straordinarie vittorie sul ring che per la sua vita privata fatta di eccessi e stravaganze. Nel pieno della sua carriera rimane vittima di un terribile incidente automobilistico che rischierà di compromettere, in maniera irreversibile, l’uso delle gambe. Saranno la determinazione ed il coraggio del suo allenatore, Kevin Rooney, ad aiutarlo a rimettersi in piedi e a riprendere a combattere. Qui la nostra recensione.


IL DIRITTO DI CONTARE (Hidden Figures) di Theodore Melfi

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L’incredibile storia mai raccontata di Katherine Johnson, Dorothy Vaughn e Mary Jackson, tre brillanti donne afroamericane che  lavorarono alla NASA fornendo il loro indispensabile contributo ad una delle più grandi operazioni della storia: la spedizione in orbita dell’astronauta John Glenn.


LA LUCE SUGLI OCEANI (The Light Between Oceans) di Derek Cianfrance

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I coniugi Sherbourne (Michael Fassbender e Alicia Vikander) stanno facendo di tutto per avere un figlio, ma senza successo, quando trovano una neonata abbandonata in una barca alla deriva e la allevano in segreto come fosse loro: scopriranno presto, però, che la vera madre della piccola (Rachel Weisz) è viva e sono anni che la cerca senza riuscire a darsi pace. Qui la nostra recensione.


STRANE STRANIERE di Elisa Amoruso

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In uscita proprio l’8 Marzo, ecco le storie di cinque donne arrivate in Italia più o meno da lontano, spinte a lasciare le proprie radici da ragioni diverse: l’amore, il lavoro, la curiosità o forse il destino, con in comune l’essere riuscite a dar vita a un’attività propria, reinventandosi e integrandosi con successo in una nuova realtà.


DAL 9 MARZO:

KONG: SKULL ISLAND di Jordan Vogt-Roberts

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1973. All’indomani del ritiro delle truppe americane dal Vietnam, due scienziati convincono Washington a finanziare una missione segreta alla scoperta di un’isola nel sud del Pacifico. Quando gli elicotteri superano la nube tempestosa che nasconde l’isola al mondo esterno, fanno ben presto conoscenza con un gigantesco gorilla, venerato come un dio e chiamato Kong. Qui la nostra recensione.


MISTER UNIVERSO di Tizza Covi, Rainer Frimmel

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Tairo è un ventenne domatore di tigri e di leoni, membro della dinastia circense dei Caroli.: il circo risente della crisi ancor più di altri settori dello spettacolo dal vivo, e i Caroli se la passano piuttosto male. Uno dei leoni di Tairo è morto, una leonessa è anziana e malata, e qualcuno ha sottratto al ragazzo il suo portafortuna: una sbarra a forma di ferro di cavallo, piegata davanti ai suoi occhi di bambino dal culturista Arthur Robin, che fu Mister Universo nel ’57 e poi si esibì in tutta Italia a fianco di Orlando Orfei.


IL PADRE D’ITALIA di Fabio Mollo

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Questo inedito road movie all’italiana vede come protagonista Paolo, uomo appena lasciato dal compagno, che una sera, in cerca del suo vecchio amante, incontra invece Mia, giovane donna incinta che sembra non sapere cosa fare di se stessa né della bambina che aspetta: Paolo si farà carico di Mia e cercherà di riportarla a casa.


QUESTIONE DI KARMA di Edoardo Falcone

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p style=”text-align:justify;”>Regia Edoardo Falcone
Attori Elio Germano
Fabio De Luigi

Giacomo (Fabio De Luigi) è lo stravagante erede di una dinastia di industriali. La sua vita è stata segnata dalla scomparsa del padre quando era molto piccolo: dall’incontro con un eccentrico esoterista francese, che gli afferma di aver individuato l’attuale reincarnazione del padre in tal Mario Pitagora (Elio Germano), la sua vita cambierà drasticamente, così come anche quella di Mario.


PHANTOM BOY di Jean-Loup Felicioli, Alain Gagnol

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Il secondo film di animazione degli autori di Un gatto a Parigi (2010) è un omaggio ai polizeschi classici così come anche al mondo dei supereroi. Un bambino leucemico in cura all’ospedale scopre di avere dei superpoteri: il suo sangue gli consente di staccarsi dal corpo a mo’ di fantasma. Svolazzando per New York, diventa il braccio destro di un poliziotto in sedia a rotelle che dà la caccia a un gangster pagliaccio che sta ricattando la città.


GOMORROIDE di Francesco De Fraia, Raffaele Ferrante, Domenico Manfredi

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La camorra è in ginocchio. Il merito di questo inaspettato declino è del più grande fenomeno mediatico degli ultimi anni: GOMORROIDE, un telefilm comico che prende in giro la spietata organizzazione criminale. Quando all’emittente televisiva viene recapitata una busta con tre proiettili indirizzata agli attori, nessuno prende veramente sul serio quell’intimidazione. Almeno finché il trio sarà costretto ad entrare in un programma di protezione che lo sballotterà su e giù per l’Italia.

Alla prossima settimana!

Santamaria e Giallini al lavoro per un nuovo film

Il 2017 si prospetta come l’anno della fusione. Dopo aver ottenuto grandissimo successo con i rispettivi “Perfetti Sconosciuti” e “Lo chiamavano Jeeg Robot”,  Marco Giallini e Claudio Santamaria stanno lavorando insieme per il film “Rimetti a noi i nostri debiti” e sono pronti a stupire nuovamente sul grande schermo.

Sul set da fine Novembre, i due attori romani stanno recitando una storia italiana dai tratti melo-drammatici che analizza la crisi economica e il riscatto morale attraverso due figure apparentemente opposte. Guido (Claudio Santamaria) ha una vita solitaria ma difficile condita dai moltissimi debiti che via via lo porteranno sul lastrico. Solamente con il risarcimento sotto forma di lavoro gratuito, riuscirà ad estinguere i suoi problemi.
Ad occuparsi della sua formazione ci sarà Franco (Marco Giallini), un creditore affermato e inflessibile che si rivelerà essere una persona molto più umana nella vita privata. Una contaminazione progressiva che regalerà un sodalizio inaspettato tra i due attori pluripremiati in Italia.

Sotto gli occhi del regista Antonio Morabito (Il Venditore di medicine) e prodotto da una componente italiana  (La Luna srl, Lotus Production, Rai Cinema) e da una straniera (Svizzera, Albania e Polonia), il lungometraggio verrà ultimato a Roma entro fine Gennaio e uscirà nei mesi successivi.