RANCORE

Essere luce

di Alessio Boccali

Un grande immaginario e una maniacale cura delle parole. Sta in questo il segreto della musica di Tarek Iurcich aka Rancore, che al suo secondo festival di Sanremo da protagonista vince il Premio “Sergio Bardotti” per il miglior testo tra le canzoni in gara, e si conferma tra i più grandi talenti del nostro rap. Pur essendo entrambi romani, il nostro primo incontro è andato in scena in quel di Sanremo nei giorni del festival. Ecco cosa ne è uscito fuori…

Ciao Tarek, partiamo dal pezzo sanremese: com’è nata “Eden” e la collaborazione con Dario Faini aka Dardust?
Io e Dario non ci conoscevamo, ma in una sessione di studio avevamo già un embrione di “Eden” sia nella musica che nel testo. Siamo partiti dal piano, poi, come Dardust è solito fare, ha mixato classicismo ed elettronica ed è arrivato a questa produzione. Io poi ci ho scritto partendo dalla base già nata, mi sono trasformato in un detective e ho iniziato questo viaggio nel tempo per raccogliere tutte le mele che trovavo – da Newton a Magritte, da Touring a Guglielmo Tell – per poi descrivere come ognuno di questi momenti, sia esso letterario, artistico, scientifico…, abbia determinato un cambiamento nella storia dell’uomo e, di conseguenza, come una scelta ben precisa abbia determinato una svolta. Da lì si arriva ad oggi, epoca in cui presente e futuro si incrociano e in cui siamo di fronte a un’altra grande scelta che poi è il tema portante della canzone: l’unione o la divisione. La mela che si stacca da un albero è simbolo di questo.

Nelle tue canzoni ho sempre notato la forte presenza della “luce” e anche il fatto che la cover che hai deciso di portare a Sanremo sia stata proprio “Luce” di Elisa non sarà stato di certo un caso, anzi lì chiami in causa la Luna, mentre nel tuo pezzo “S.U.N.S.H.I.N.E.” parlavi di bisogno di luce pur affermando di non voler essere un Sole. Mi racconti un po’ questo rapporto con la luce.
Partiamo dalla Luna. Lei vive di luce riflessa, è l’alternativa della luce, è come la musica che faccio io, che nasce di notte ed è sempre stata capace di vivere di luce riflessa senza per forza essere il Sole, nonostante l’egocentrismo nel rap sia sempre molto vivo. Sarà che mi chiamo Rancore, e questo rancore ce l’ho soprattutto verso di me, ma ho avuto spesso il piacere di stare nell’ombra, lo dimostrano il cappuccio, il cappello e altre cose. La Luna respira attraverso le maree ed è una bussola nel cielo, nel buio è una guida fedele a tutti. Il mio rapporto con la luce è molto profondo, venendo da una generazione che sente spesso la mancanza di terreno sotto ai piedi è ovvio che, nonostante l’oscurità di cui mi circondo, è la luce quella che cerco e che, in realtà, sto già trovando nella musica che mi guida nel mio cammino espressivo.

 

“La mia musica è come la luna […] nasce di notte ed è sempre stata capace di vivere di luce riflessa senza per forza essere il Sole, nonostante l’egocentrismo nel rap sia sempre molto vivo.”

 

Oltre ad essere precaria, la nostra è anche una generazione artistica?
In realtà ci sentiamo quasi costretti a fare arte. Abbiamo così tanti mezzi che ci facilitano le cose, che sembra quasi diventato di moda essere artisti. Il problema è che lo sprone che riceviamo non è tanto quello di migliorare la nostra creatività quanto la necessità di doverci sentire artisti a tutti i costi. L’atto creativo dovrebbe essere puro divertimento scevro dall’importanza del giudizio altrui. L’opera d’arte non è il quadro finito, ma il momento in cui tu compi quell’opera. Tutto ciò nasce naturalmente, sempre dalla precarietà e dalla mancanza di un orientamento preciso. Me la prendo un po’ anche con la tecnologia, che ha scoperto dei vasi di Pandora e tutto è diventato il contrario di tutto, pensa alle varie teorie complottistiche o alle fake news. È importante non ridurre la complessità delle cose importanti per dargli un senso e per comprenderle meglio.

Chiudiamo parlando della nostra città: Roma.
Fondamentalmente la nostra è una città difficile, in cui spesso non si comunica. Roma sembra quasi avere tre città distinte al suo interno. Tuttavia, è una città carica di energie e, naturalmente, di storia e questa energia e questa storia si respirano tra le sue strade. Ogni luogo ti regala una faccia diversa della città. Una semplice passeggiata a Roma, in periferia o al centro, ti dà tanti spunti per scrivere e per raccontare. Per questo Roma ha influenzato fortemente l’intera scena hip hop e nel rancore, nell’intenzione del mio rap Roma e il mio quartiere, il Tufello, sono sempre protagonisti.