FLOWING CHORDS

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Un pò di curiosità sul progetto corale nato alla Saint Luis College of Music

di Manuel Saad

“Flowing Chords” è il nome del progetto corale composto da 30 elementi, nato nel 2016 al Saint Louis College of Music e diretto da Margherita Flore. I brani proposti spaziano dall’R&B al cantautorato e all’universo pop, proponendoli in un linguaggio dinamico, moderno e fresco.
L’abbiamo intervistata per farci raccontare cosa vuol dire dirigere ed essere all’interno di un coro.

“Flowing Chords”. Come mai la scelta di questo nome?

Durante la ricerca del nome i ragazzi volevano che al suo interno vi fosse un riferimento alla mia persona, sebbene la cosa mi mettesse un po’ in imbarazzo. Quindi partendo dalla prima parte del mio cognome (Flore – Flo-) abbiamo pensato a qualcosa che fosse comprensibile anche all’estero e che riassumesse il nostro assetto corale, e cioè una ricerca di fluidità nello scambio tra le sezioni.

Come sei diventata direttrice di un coro?

In realtà per necessità perché i Flowing Chords sono nati come un progetto di sperimentazione per la mia iniziale idea di tesi di laurea in Composizione di Musica da Film al Saint Louis College of Music. Presso l’università mi sono avvicinata all’idea di coro frequentando il corso di Coro Pop tenuto al M° Diego Caravano, da lì mi sono appassionata alle sonorità ed alle diverse soluzioni vocali imitative degli strumenti; così ho radunato un po’ di studenti miei colleghi e si è sviluppato un progetto a cui ci siamo appassionati insieme. Mi sono trovata ad essere direttrice perché quelli che cantiamo sono tutti arrangiamenti che scrivo io, ma la direzione spesso ha una natura un po’ scambista almeno tra di noi.

Come si riesce a gestire un’orchestra di voci di circa 30 elementi?

Riusciamo a gestirci perché siamo in tanti a partecipare attivamente. Per ogni sezione c’è un capo che si assicura della gestione interna della pulizia delle parti, delle comunicazioni ed organizzazioni per turni in studio. Abbiamo chi si occupa dei social, dei video e del montaggio del materiale, degli outfit e dell’organizzazione per le trasferte. La suddivisione dei compiti è necessaria per l’avanzamento del progetto: tutti i piani di lavoro vengono affrontati e programmati insieme. Siamo molto coesi anche dal punto di vista personale, questo è molto importante. Tra noi c’è un rapporto molto obliquo, assolutamente non verticale, anche perché molte soluzioni a livello di suono si trovano cercando in prova. Ho molta stima per ognuno di loro, abbiamo fatto tante cose che negli anni ci hanno unito molto: c’è capitato di fare turni di registrazione da 18 ore, di cantare coi geloni ai piedi, di improvvisarsi coreografi per videoclip, di tornare dopo lunghe giornate di lavoro nella tormenta bucando ruote, di dormire in 30 in condizioni estreme (e questo succede spesso). Ma c’è da dire che per noi il Natale non viene soltanto il 25 Dicembre.

Come funziona la collaborazione tra un coro e un artista esterno (Davide Shorty, Ainé, etc.)?

Tutte le collaborazioni che abbiamo fatto fin dall’inizio con gruppi o artisti ci hanno ogni volta migliorato e mostrato una modalità di lavoro diversa. Generalmente, stabilito il primo contatto con l’artista o il programma, mi occupo io dell’arrangiamento producendo un provino da far ascoltare al collaboratore e in un tempo relativamente stretto procediamo poi alla concertazione con il coro per prepararci poi alla registrazione o al concerto. I progetti esterni di solito sono tutti a corto raggio, per questo portano sempre ad un miglioramento immediato.

La scelta dei coristi come avviene? In genere, per far parte di un coro non vengono richieste particolari tecniche vocali. È realmente così?

Per quanto mi riguarda la priorità è l’attitudine all’ascolto, la capacità d’adattamento ritmico, buona lettura e ironia. Non facciamo provini: di solito i nuovi vengono invitati alle prove e sono sentiti dai capisezione. La nostra attività è molto intensa, richiede impegno, presenza e disponibilità. Al momento non stiamo cercando nuovi elementi, ma non si sa mai.

SERENA BRANCALE

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Una vita d’artista per raccogliere le esperienze vissute

di Francesco Nuccitelli

Serena Brancale è un’artista a 360° dotata di grande ironia e grande talento. Giovane, eppure già con diverse collaborazioni importanti alle spalle come quelle con il Volo e Mario Biondi. “Vita d’artista” è il suo ultimo progetto all’attivo, ma già molto bolle in pentola.

Ciao Serena, “Vita d’artista” è il tuo ultimo impegno discografico. Cosa ci puoi raccontare di questo progetto?
“Vita d’artista” nasce in realtà tre anni fa. Anche perché ci sono delle canzoni che ho scritto prima di pensare all’album. Nasce dall’esigenza di cogliere le esperienze di vita che ho vissuto. Un progetto diverso dal mio penultimo lavoro “Galleggiare”. Insomma, una vera scommessa.

Vedendo i tuoi social ami molto giocare con i tuoi followers e raccontare i tuoi vari backstage. Quanto pensi siano utili i social per un cantante?
Io trovo fondamentale l’uso dei social. Nei primi anni mi sono divertita a far emergere la mia parte più ironica. Ora li sto utilizzando in maniera più seria. La gente vuole vedere anche il dietro le quinte, è curiosa del comportamento di un artista nel backstage. L’importante è essere sempre naturali, questo è davvero importante.

L’illusione del controllo in ambito musicale può essere un problema per un cantante?
Bisogna essere sicuri di quello che si sta proponendo. Perché poi devi essere anche capace di non offenderti e non indurirti quando le cose non vanno bene. È una domanda molto delicata. Ci sono nei momenti in cui l’artista non riesce a dare 100, ma è normale che arrivi anche questo momento. È una sorta di altalena.

Cosa ne pensi degli artisti che si sono reinventati seguendo la moda o il genere musicale del momento?
Anche questa è una domanda delicata. Io certo seguo la moda, però poi, quando mi metto al pianoforte canto quello che mi viene meglio da raccontare. Io “amo l’amore”, amo il gusto, amo la musica in tutte le sue forme. Non mi creo problemi, penso alla cosa migliore che posso fare e la faccio al 100%.

In conclusione, nel nuovo festival di Sanremo ci sarà il ritorno della categoria nuove proposte. Cosa ne pensi di questa scelta visto che ci sei passata?
Nel mio caso sono stata fortunata perché ho cantato anche se non ho vinto. Però, se devo essere onesta preferivo la formula che ha visto vincere Mahmood. Perché spesso ci troviamo dei cantanti che arrivano e non si sa bene perché stiano lì. Anche se quello che dico è un po’ il contrario di quello che è accaduto a me.