Dalì Experience

DaliExperience

I weekend Bolognesi sono contraddistinti dalle lunghissime file alle tante mostre e musei che la città offre ai suoi cittadini e turisti. Uno di questi, è la Dalì Experience a Bologna che si propone come un’esperienza museale unica nel suo genere nel contesto Bolognese. 200 opere appartenenti alla Collezione di Beniamino Levi saranno infatti esposte e inserite in un contesto multimediale ed interattivo a Palazzo Belloni fino al 7 Maggio. Particolarmente significativo il contributo di Loop srl, una realtà imprenditoriale creativa bolognese che costruisce interazione tra arte ed utenti attraverso alla tecnologia. Un percorso museale che si allontana dal tradizionale ed “ingessato” museo e che cerca di far esplorare la dimensione psicologica e filosofica dell’artista. L’esposizione è stata organizzata da con-fine Art con il patrocinio del Comune di Bologna e supportata da alcune realtà giornalistiche quali QN Quotidiano Nazionale, Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno. Sarà forse questa ampia partecipazione dei giornali o l’autovalutazione dell’esperienza come “provocante, paranoica, esagerata e ri-creativa”che ha prodotto non poche aspettative tra gli utenti. Si può dire che in generale, per coloro che non sono familiari con i format museali già presenti in altri paesi europei, questa mostra potrebbe essere vista come innovativa e all’ avanguardia. Positivo è senza dubbio il percorso animato da installazioni suggestive e che stimolano una riflessione sui temi che l’artista metteva in discussione con le sue opere. In generale, è facile ripercorrere i principali aspetti dell’arte di Dalì e con questo della sua vita grazie a una divisione concettuale delle stanze. Le installazioni multimediali potrebbero essere anche una buona scusa per distrarre i bambini e farli interessare a complessi concetti filosofici quali le illusioni percettive, il concetto di tempo, le quattro dimensioni ed ad aspetti della psiche umana. La mostra è indubbiamente “social” attraverso all’ immancabile app e all’ hashtag #daliexperience che ha collezionato quasi 4000 condivisioni su Instagram.

Apprezzatissimo sembrerebbe essere il sofà a forma delle labbra di Mae West in rosa Schiapparelli, il bagno, decisamente molto creativo e i baffetti forniti all’ ingresso con cui scattare favolosi selfie. Purtorppo però le tecnologie che erano disponibili non sono state valorizzate al massimo. Secondo quanto riportato da alcuni visitatori su TripAdvisor, i tablet contenevano descrizioni troppo lunghe e per nulla interattive. L’audiopen fornita all’ ingresso si limitava a trasmettere materiali audio quali suoni o poemi che purtroppo erano troppo lunghi o irrilevanti. Poca attenzione è stata data all’ importanza dell’arte surrealista nei diversi ambiti creativi tra cui moda, arredamento funzionale, pubblicità e cinema. Pur essendo chiaro il tentativo di sottolineare questi aspetti fondamentali ed evidenti nell’attualità, questi non sono stati resi esaustivamente visibili all’utente ad esempio attraverso proiezione di video. Indubbiamente questa esperienza costituisce un passo in avanti nel lungo viaggio che porterà verso un tipo di museo più coinvolgente, che sappia intrattenere e mantenere l’attenzione del visitatore, smettendo di radicarsi dietro ad antiche gerarchie dove la cultura appartiene solo ai più istruiti. Questo percorso è ancora lungo ma sicuramente questa mostra indica una buona direzione per una nuova esperienza di museo per tutti.

Vantablack is the new black: uno sguardo alla sostanza più scura creata dall’uomo

Pensate al nero: è il colore scuro per eccellenza, il più scuro. Ma pensate bene a tutti gli oggetti comuni di colore nero che possedete: se sono posti in un ambiente in cui la quantità di luce è sufficiente a permettervi di vedere, sono nettamente riconoscibili nella forma, nel modo in cui si propagano nello spazio. Potete distinguere chiaramente l’andamento della superficie dell’oggetto, grazie alla presenza di zone di luce e zone d’ombra (anche minime) che vi permettono di creare una precisa immagine mentale di com’è fatto quell’oggetto in ogni suo dettaglio.  Un esempio possono essere le sculture che seguono:

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non è forse chiaro già al primo colpo d’occhio che si tratta di un busto femminile (la prima scultura) e di una pantera (la seconda scultura)? Tutto questo è spiegabile con il fatto che qualunque oggetto, anche se nero, riflette la maggior parte della luce che riceve.

Per porre rimedio all’assenza di un vero nero, un nero assoluto, la Surrey Nano Systems ha prodotto il Vantablack, sostanza sviluppata e brevettata dalla Nasa a scopi militari con prospettive di impiego nei settori aerospaziali e della difesa. Il nome viene dall’accostamento di VANTA (acronimo di “Vertically Aligned NanoTube Arrays”, in italiano “schiere di nanotubi allineati verticalmente”) e “black”, che ovviamente significa “nero”.

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Due maschere identiche: a farle sembrare completamente differenti è il fatto che mentre una è di metallo, l’altra è rivestita in Vantablack.

La particolarità di questo materiale è che riesce ad assorbire ben il 99,965% della luce che riceve, rendendolo sostanzialmente la cosa più vicina a un buco nero che un essere umano può osservare con i propri occhi (almeno per ora).
L’assenza di luce riflessa rende la superficie degli oggetti rivestiti in Vantablack omogenea e di un nero assoluto, motivo per cui il solo modo di decifrare la trama superficiale e la forma degli oggetti in Vantablack è toccarli con mano.

La creazione del Vantablack è tutt’altro che semplice e richiede delicati processi di alta tecnologia – come illustrato nel video – e dai costi sicuramente non irrisori. Questo spiegherebbe perché inizialmente la sua creazione sia stata spinta esclusivamente da motivi pratici, come la possibilità di ricoprire i satelliti artificiali (diminuendo le interferenze visive nelle osservazioni astronomiche) o di poterla impiegare in campo militare (come ad esempio rendere invisibili agli occhi dei nemici gli Stealth jet da combattimento). Eppure, una volta affinata la produzione del materiale, è stato possibile pensare a diverse tipologie di applicazioni, ad esempio quelle artistiche: immaginate la rivoluzione che si può avere nel mondo dell’arte con l’avvento del nero assoluto!

Peccato che attualmente l’uso del pigmento di Vantablack sia per utilizzo “esclusivo” dello scultore e architetto britannico Anish Kapoor. Kapoor infatti, non appena la Surrey Nano Systems è stata in grado di riprodurre in serie il pigmento, si è messo in contatto con l’azienda per sperimentare il prodotto. Ecco che, per dirla sinteticamente, lo scultore si è garantito il monopolio del nero assoluto in campo artistico. Non è certo una novità che un artista abbia diritti esclusivi su alcune specifiche tonalità, basti pensare alla cosiddetta “ombra di Tiziano”, una miscela di nero e blu di Prussia che era stata presentata sul mercato come il colore segreto dell’antico pittore veneziano e che un tempo era utilizzabile solo dopo l’acquisto (salato) dei diritti. Ma fa storcere la bocca immaginare che nel terzo millennio sia vietato utilizzare su larga scala un prodotto altamente tecnologico.