di Alessandro Sgritta
Tommaso Di Giulio, cantautore allo specchio
Identikit: Tommaso Di Giulio, cantautore romano, lo scorso 30 aprile ha pubblicato il suo terzo disco “Lingue” (Leave Music) dopo “Per fortuna dormo poco” (2013) e “L’ora solare” (2015), un lavoro intenso e maturo dal sound internazionale, tra pop, rock e canzone d’autore…
Ciao Tommaso, hai presentato il tuo ultimo disco lo scorso 21 aprile al Monk di Roma con un grande concerto, com’è andata? A differenza del precedente lavoro arrangiato con Francesco Forni questo l’hai prodotto da solo? Ho letto che l’hai registrato in interplay come negli anni ’70…
Il concerto è andato benone, una grande festa! E dire che fare i concerti nei club quando il clima si rasserena è anche più difficile. Per quanto riguarda la produzione del disco, ho scelto di occuparmene da solo, correndo il rischio di commettere errori visto quanto è importante un occhio esterno perché si tratta di un disco molto privato, nato da cose delicate e complesse che avevo bisogno di affrontare in maniera più diretta e meno mediata possibile.
Il titolo “Lingue” viene dall’espressione inglese “Speaking in Tongues” che indica la “grossolalia”, cioè il parlare in altre lingue, termine già usato dai Talking Heads, perché hai scelto questo titolo?
Nel disco ho scelto di parlare anche di un tema come la malattia mentale, che in alcuni casi ti impedisce di comunicare utilizzando i soliti codici linguistici che tutti abbiamo a disposizione. Quindi si chiama “Lingue” per sintetizzare il bisogno di sviluppare nuovi modi di comunicare, più ancestrali e fisici, a volte. Poi si chiama così anche perché nel disco si parla tanto di sesso. E infine perché mi piace giocare con le lingue diverse all’interno di uno stesso brano (colpa di Battiato).
Nel primo singolo “A chi la sa più lunga” si sentono riferimenti a Battiato e a Bowie (che torna anche in “L’acqua su Marte?”, omaggio a “Life on Mars”?), ai quali si aggiunge Battisti per formare le “3 sacre B”, ci sento anche Lucio Dalla in alcuni versi come “un vecchio siede fuori e fuma cento Marlboro, con un occhio guarda il culo alle donne e con l’altro fa la guardia alla Turchia…”, sono loro i tuoi principali riferimenti artistici?
Bowie, Byrne, Battiato, i Beatles, Beck, Battisti, i Beach Boys, Blixa Bargeld, i Bad Seeds, i Baustelle, Badalamenti sono tutti artisti che amo profondamente e che cominciano per B! Vorrei che anche tutti gli altri della mia classifica personale immarcescibile cominciassero per B, giusto per amor di simmetria. Quelli obbligatori da citare, anche senza B, sono Mike Patton, Tom Waits, Frank Zappa, gli Smiths, Gazzè, i Joy Division, Caetano Veloso, Paolo Conte, i Primus, Buddy Holly e gli Iron Maiden! Troppa roba ce ne sarebbe da citare, e tutta molto diversa. Dalla merita una menzione a parte: è da sempre nelle mie orecchie e nel mio cuore; è il cantante preferito di mio padre, ed essendo questo disco dedicato a lui…Non poteva che essere molto presente.
“Canzone per S.” e “Piangi pure” sembrano dedicate a tuo padre, canti di “infermiere con il mitra…terzo piano in purgatorio…”, so che l’intero disco è dedicato a lui, ce ne vuoi parlare?
Mio padre è sempre stato in prima fila a tutti i miei concerti finché non si è ammalato di una di quelle cose brutte ed aggressive che ti rendono velocemente incapace di fare tutto quello che potevi fare prima, in primis esprimerti, comunicare e sperimentare le emozioni nello stesso modo in cui si faceva prima. Sono stati anni dolorosi e difficili, in cui ho combattuto contro le istituzioni ogni singolo giorno (rinunciando a lavorare, a suonare, a fare tante cose) fino a che la situazione non si è, diciamo, stabilizzata. Questa esperienza mi ha portato a cambiare profondamente come essere umano prima che musicista e le canzoni non potevano che risentirne.
“Da lontano” (che a me ha ricordato un po’ “Ultra Violet” degli U2 per quel “baby baby baby…”) vede la partecipazione di Yuman come ospite nel disco, di chi si tratta?
Yuman è una giovane promessa della musica internazionale… Ne sentirete presto parlare. Spero un giorno, quando farà i sold out, di ricevere un plauso per aver inserito un featuring “non promozionale” nel disco. Il ritornello in inglese lo vedo un po’ come una “battiatata” (Running against the grain etc…) ed è pensato come un archetipo (le grandi canzoni statunitensi sul viaggio, ad esempio) che fa da contraltare alle invettive sull’Italia che ho inserito nelle strofe.
“Quello nello specchio” che chiude il disco sei tu? Parli di una “legge per lasciare il letto sfatto”, sembra autobiografica…
Ehhh chi lo sa? Comunque, per quanto riguarda il letto: odio rifarlo (o meglio, non sono mica tanto capace) e ricorro alla mossa “tira su il piumone e tanti saluti”.