È giusto che i cantanti dicano la loro?

Musicazero Km / #Musicology

di Manuel Saad

La figura dell’artista, per molti, è considerata fondamentale all’interno di una società. Ma c’è chi ritiene che debba occuparsi esclusivamente della propria arte e non mettere bocca in dinamiche sociali. 
Tu da che parte stai?
Molte volte, diversi artisti si sono espressi in merito a situazioni politiche e sociali sia attraverso i loro canali social sia attraverso la loro musica.
 Le reazioni del pubblico, spesso, vanno dalla totale indifferenza al compiacimento, per passare poi nella totale indignazione per cui un artista deve preoccuparsi solo di “cantare” o “suonare”.

Ma la musica deve essere soltanto uno strumento ludico o un semplice sottofondo per staccare la spina?
La storia, però, ci dice tutt’altro, come anche i recenti fatti che puntano una luce diversa sul ruolo di un musicista.
 Bob Dylan ricevette il Premio Nobel per la Letteratura nel 2016, Patti Smith una laurea ad honorem all’Università di Padova in lingue e letterature europee e americane, come anche Jack White, sempre nel 2019, in Lettere Classiche “per il suo contributo alle arti e per la sua dedizione alla città di Detroit”.

Riconoscimenti importanti che mandano segnali importanti alla comunità, come successe anche nel caso di Kendrick Lamar, il primo rapper della storia ad essersi aggiudicato il prestigiosissimo Premio Pulitzer della Columbia University di New York, con la motivazione “una virtuosistica raccolta di canzoni caratterizzata da una autenticità del gergo e dalla dinamicità ritmica, capace di offrire immagini che colpiscono e che catturano la complessità della società afro-americana oggi”.
 Il suo quarto album, “Damn”, è stato premiato in quanto è riuscito a raccontare la cruda realtà in cui è costretta a vivere la comunità afroamericana.
Attraverso la musica, Lamar è riuscito a mettere in luce situazioni scomode, raccogliere testimonianze e ricoprire il ruolo di un vero e proprio giornalista d’inchiesta.

Una vera e propria scelta politica in quanto il rapper afroamericano, nato nei bassifondi di Compton, non ha mai nascosto la sua spiccata avversione nei confronti del presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump.
 Pensandoci bene, i musicisti e i cantautori non fanno altro che sonorizzare tutto quello che li circonda, esprimendo attraverso la musica la loro visione del mondo che può coincidere o meno con quella di un ascoltatore. La musica è un strumento comunicativo molto potente in quanto riesce non solo a mandare messaggi importanti ma facendoli rimanere nella testa di chi li ascolta e carpisce il fine ultimo di una canzone.
 Semplificare il tutto con “sei un cantante, occupati di musica e non di politica” evidenzia una lacuna notevole in ambito storico, politico e sociale.

Intendere la musica come un qualcosa di superficiale, come un accessorio, risalta la superficialità di chi sostiene questa tesi.
 Tesi priva di fondamenta e di strutture solide in grado di reggerla e farla valere.
 La musica è sempre stata presente e ha sempre raccontato, come una fotografia, il periodo storico nel quale usciva prepotente e inondava le orecchie delle persone: l’ha sempre fatto e per sempre lo farà.